Previsioni rispettate: tra gli emendamenti alla Legge di Bilancio che il M5S ha depositato l’altro ieri alla commissione Bilancio, torna la proposta che obbliga le società di capitale a riservare ai farmacisti almeno il 51% della partecipazione e dei diritti di voto. La disposizione – prima firma Luigi Di Marzio (foto), anch’egli medico come il deputato Cinque Stelle Luigi Trizzino, che un anno fa propose un provvedimento dello stesso tenore durante la discussione della Legge di Bilancio per il 2019 – è ricompresa nel fascicolo degli emendamenti pentastellati anticipato ieri da Quotidiano Sanità: si tratta con ogni probabilità di un elenco proveniente dal gruppo parlamentare, perché ancora manca la numerazione che viene assegnata all’atto della fascicolazione in Commissione, ma i contenuti sembrano quelli di una versione finale e ogni emendamento è accompagnato da relazione illustrativa e tecnica.
La proposta sulle società di capitale, in particolare, recupera fedelmente quanto già il M5S aveva prodotto in passato: l’emendamento, infatti, dispone che nelle società di cui all’articolo 7, comma 1, della legge 362/1991 «i soci, rappresentanti almeno il 51% del capitale sociale e dei diritti di voto, devono essere farmacisti iscritti all’albo o società interamente detenute da farmacisti iscritti all’albo». Il venir meno di tale condizione, prosegue il testo «costituisce causa di scioglimento, salvo che la società non abbia provveduto a ristabilire la prevalenza dei soci farmacisti professionisti nel termine perentorio di sei mesi. In caso d’intervenuto scioglimento della società, l’autorità competente revoca l’autorizzazione all’esercizio di ogni farmacia di cui la società sia titolare».
Nell’emendamento, poi, ricompaiono anche le ambiguità che già caratterizzavano le proposte precedenti e che alcune associazioni dei farmacisti – come Asfi – avevano segnalato tempestivamente: la disposizione, infatti, prescrive che «le società (di capitale, ndr) già costituite alla data di entrata in vigore della presente legge, sono tenute ad adeguarsi alle disposizioni sui soci farmacisti entro 36 mesi. In caso di mancato adeguamento, alle predette società si applica una sanzione di 50mila euro». In altri termini a Boots, Hippocrates, Dr.Max, Farmacie Italiane-F2i e alle altre catene già in attività, potrebbe essere consentito di sottrarsi all’obbligo del 51% con il pagamento di una sanzione di valore irrisorio per questi colossi.
Occorrerà capirne di più, intanto l’emendamento non si accontenta di intervenire sulla composizione societaria, ma riduce anche il tetto fissato dalla Legge sulla concorrenza al numero massimo di farmacie che ogni catena può possedere: non più del 10% (anziché il 20) delle farmacie esistenti nel territorio della medesima regione o provincia autonoma. «Tale disposizione» continua la proposta, «trova applicazione anche nei confronti delle società di capitali e delle società cooperative a responsabilità limitata costituite anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge». In questo caso, ci sono 36 mesi di tempo per adeguarsi, trascorsi i quali l’Antitrust «applica una sanzione di 100mila euro per ogni esercizio di farmacia di cui la società sia titolare e che risulti eccedente rispetto al limite di cui al primo comma».
Tra gli altri emendamenti del M5S di qualche interesse per la farmacia, si segnalano due proposte sui farmaci veterinari otc ed omeopatici (per abbassare l’iva al 4% e incrementare la soglia della detraibilità), un emendamento per sgravare i contributi a carico delle imprese che fanno import parallelo, una proposta diretta a incrementare di 100 milioni il fondo per i farmaci innovativi oncologici, un’altra che mira a riunire i due fondi (innovativi e oncologici innovativi) per ottimizzare la disponibilità di ricorse e infine un emendamento sulla cessione frazionata dei farmaci veterinari.