E’ cominciato tutto due mesi fa, il 21 febbraio, in quel triangolo del lodigiano – nella bassa Lombardia – delimitato dai comuni di Codogno, Casalpusterlengo e Castiglione d’Adda. Era di queste parti il paziente 1, il primo italiano contagiato dal coronavirus (dopo i due turisti cinesi ricoverati allo Spallanzani un mese prima) ed è in questa fetta di terra padana che per la prima volta sono comparse formule oggi normali come “distanziamento sociale” e “zona rossa”. E si sono visti gli schermi in plexiglass, i banconi con catenelle e piantane per regolare gli accessi, le code fuori anziché dentro le farmacie, il servizio a battenti chiusi anche nel turno di giorno.
Fanno otto settimane esatte che le farmacie della provincia lodigiana lavorano in un clima molto vicino a quello di guerra. Due mesi, due fogli di calendario sui quali Dario Castelli e Adriana Botti, referenti per la lodigiana di Federfarma Milano, hanno appuntato ricordi e fatiche come tutti i loro colleghi di questa parte della lombardia. «Abbiamo vissuto per primi quello che poi hanno provato i farmacisti del resto della Lombardia e di buona parte del Paese» osserva Castelli «e possiamo dire con orgoglio che in questi due mesi le farmacie lodigiane hanno sempre risposto presenti, nessuna ha mai marcato visita». «Ci sono titolari che, per malattia o quarantena del personale, hanno tirato avanti da soli anche per un mese intero» aggiunge Botti «si conta soltanto una chiusura di mezza giornata, nei primi giorni dell’emergenza, perché l’intero team della farmacia ha dovuto sottoporsi al tampone».
Due mesi sono tanti e la data non poteva passare in silenzio. «I farmacisti delle 80 farmacie lodigiane» riprende Castelli «sono rimasti al loro posto nonostante tutto, per servire le proprie comunità. E continueranno a farlo finché ce ne sarà bisogno. Conferma il fatto che in diversi hanno già comunicato di voler rinunciare ai ponti del 25 aprile e del primo maggio per rimanere al banco». E così, ecco l’idea di realizzare un collage-video con le foto dei farmacisti lodigiani nelle loro “divise” da emergenza epidemica: un modo per dire che la farmacia è sempre lì, si piega alla stanchezza ma non si spezza perché quello di farmacista non è un lavoro ma una missione. «Era così anche per il nostro Raffaele Corbellini, 69 anni, titolare di farmacia a Lodi» ricorda Castelli «morto di coronavirus un mese fa. Non potevamo non ricordarlo nel nostro video, ci ricorda la promessa che ognuno di noi formula quando sceglie questa professione: prima vengono sempre i nostri pazienti».
«I nostri colleghi lodigiani hanno scritto una pagina indelebile nella storia della farmacia» commenta la presidente di Federfarma Milano, Annarosa Racca «l’epidemia ha messo in crisi e costretto alla chiusura ospedali e ambulatori e tante altre strutture del Ssn, la farmacia invece non è indietreggiata di un passo e si è fatta trovare anche questa volta pronta all’appello delle sue comunità. Un grazie profondo a tutti i farmacisti lodigiani ma anche ai loro colleghi del resto della Lombardia, per quanto stanno facendo in questo difficile momento».