La sentenza del Consiglio di Stato che impone al comune di rivedere la Pianta organica quando risulti acclarata l’impossibilità di aprire la nuova farmacia per inesistenza di locali nella zona concorsuale assegnata è importante «per quello che dice ma anche per quello che non dice». Così almeno la pensa l’avvocato Quintino Lombardo, che insieme alla collega Silvia Cosmo ha sostenuto le tesi dei due farmacisti vincitori davanti alla giustizia amministrativa.
Lombardo, che cosa cambia con la sentenza di Palazzo Spada sulle zone “fantasma”?
Il Consiglio di Stato sancisce un principio non nuovo in generale: la Pianta organica è lo strumento di programmazione del servizio farmaceutico, soggetto a continua revisione con cadenza biennale per risolvere ogni tipo di “disfunzionalità”. Questo vale per la popolazione che cresce o si sposta, dalla quale deriva l’istituzione o la modifica delle sedi esistenti, ma anche per l’ipotesi, non espressamente prevista dalla disciplina speciale (perché effettivamente singolare) di un ambito territoriale individuato dal comune e poi messo a concorso, con una scelta che, alla prova dei fatti, si rivela imperfetta perché al suo interno mancano del tutto locali dove aprire l’esercizio. Anche in questo caso, dice il Consiglio di Stato, correggere i confini della sede farmaceutica diventa un atto dovuto, perché alla farmacia obbligatoriamente istituita in base al parametro demografico deve in concreto essere consentita l’apertura, in quanto interesse pubblico prioritario.
Il Consiglio di Stato parla di impossibilità oggettiva ad aprire. Come la si dimostra?
E’ il punto centrale. Nel caso esaminato, i due vincitori avevano dimostrato oltre ogni dubbio, addirittura per mezzo di più perizie giurate, l’impossibilità ad aprire. Sottolineo: impossibilità per mancanza oggettiva di locali, non perché i locali non sono grandi quanto vorrei oppure perché la locazione o la ristrutturazione è troppo onerosa. Sarà interessante vedere quale orientamento assumerà il Consiglio di Stato di fronte ad altre casistiche.
Cioè?
Poniamo il caso di una sede dove gli unici locali disponibili sono in un immobile in vendita a un prezzo largamente superiore a quello di mercato, oppure dove l’unica chance è quella di comprare un terreno ed edificare un nuovo immobile per la farmacia. Sono impossibilità oggettive anche queste, oppure è mancanza di coraggio imprenditoriale? Qual è l’entità dell’investimento che è legittimo “pretendere” dai vincitori della sede? E’ chiaro che ogni situazione è diversa dalle altre e bisognerà anche tenere presente che le nuove farmacie dovrebbero essere aperte in tempi ragionevoli: è il principio di ragionevolezza che si impone, ma vedremo in quali casi e con che limiti.
Ma nella fase dell’assegnazione, non si chiede ai candidati di valutare la qualità della sede proposta? Se accettano dopo che altri prima di loro hanno rifiutato, perché poi accogliere la loro richiesta di rivedere la perimetrazione?
E’ l’obiezione che nella causa esaminata dal Consiglio di Stato aveva sollevato il comune: se modifico i confini della zona, viene a mancare la par condicio con i candidati vincitori che in precedenza avevano rifiutato. La replica dei giudici, però, è chiara: i due farmacisti che hanno chiesto di rivedere la perimetrazione della sede loro assegnata non hanno cambiato le regole del gioco, hanno soltanto richiesto – per primi– il rispetto di tali regole, cosa che avrebbero potuto fare anche i concorrenti che li precedevano in graduatoria; e comunque prevale l’interesse pubblico ad aprire la farmacia.
Pare di capire, quindi, che questa sentenza non compromette né i principi alla base del quorum né quelli che reggono la Pianta organica…
Piuttosto li rafforza. Per quanto riguarda il quorum, il Consiglio di Stato dice: se in un comune il numero degli abitanti legittima tre farmacie, allora quelle tre farmacie devono essere aperte e gli eventuali problemi di perimetrazione che oggettivamente impediscono l’apertura vanno risolti. Quanto alla definizione delle zone, il principio affermato dai giudici è che la pianta organica è uno strumento di pianificazione flessibile, che il comune è tenuto a riesaminare biennalmente per aggiornarlo – quando serve – ai cambiamenti intervenuti nel territorio e per risolvere qualsiasi tipo di “disfunzionalità”. Questo è essenziale ribadirlo, ancor di più quando si discute del “giudizio di proporzionalità” al quale, in forza delle norme europee, è soggetta ogni normativa che disciplina servizi pubblici e professioni: la pianta organica delle farmacie non è barriera anti-concorrenziale, ma strumento flessibile per garantire il corretto livello del servizio farmaceutico e la sua più efficiente capillarità, a tutela della salute e dell’uguaglianza dei cittadini.