E’ discussione aperta, tra i farmacisti titolari, sul taglio al budget della spesa farmaceutica convenzionata che fa capolino dall’ultima bozza della Legge di bilancio per il 2021. A impartire la sforbiciata – 800 milioni di euro circa – l’abbassamento del tetto della stessa convenzionata dal 7,96 al 7,30%, oltre sei decimi di punto che verrebbero trasferiti interamente alla spesa per gli acquisti diretti, cioè ospedaliera più dd-dpc. Il budget di quest’ultima salirebbe così al 7,55% e per la prima volta da quando è stato introdotto il sistema dei due tetti (13 anni fa circa) supererebbe quello del canale territoriale.
Ma dal taglio, che cosa avrebbero da temere le farmacie? Innanzitutto crescerebbero le probabilità di uno sfondamento della spesa convenzionata, che toccherebbe poi ai farmacisti ripianare (in misura proporzionale alla loro quota di spettanza). Anche se, dicono alcune stime, almeno nel 2021 l’eventualità non sembra immediatamente concreta: per l’Osservatorio farmaci del Cergas Bocconi, la convenzionata dovrebbe avanzare l’anno prossimo 1,6 miliardi di euro, dunque eviterebbe lo sfondamento anche senza gli 800 milioni che la Manovra vorrebbe dare agli acquisti diretti. Negli anni successivi, invece, le cose potrebbero cambiare.
Piuttosto, i rischi più immediati della sforbiciata riguarderebbero i precari equilibri tra circuito delle farmacie e distribuzione Asl: un aumento del tetto sugli acquisti centralizzati verrebbe preso da alcune Regioni come un invito a intensificare ulteriormente gare e distribuzione diretta, anche per i farmaci extra-Pht. E quella che a prima vista sembra una garanzia di equità (la bozza di Manovra affida all’Aifa la revisione annuale dei tetti) rischia invece di tradursi in un meccanismo perverso: le Regioni infatti sarebbero incentivate ad accrescere ulteriormente la distribuzione diretta dei farmaci extra-pht e a risparmiare sulla spesa convenzionata, per spingere l’Agenzia del farmaco a riequilibrare i tetti a loro favore anno dopo anno.
Di questi rischi non fa menzione il comunicato con cui ieri Federfarma ha attaccato la bozza della Manovra. Nella nota, infatti, il sindacato si lamenta soltanto dell’assenza di provvedimenti legati all’emergenza epidemica. «Le farmacie» scrive la Federazione «sono pronte a potenziare i servizi in favore dei cittadini distribuendo e somministrando vaccini, effettuando test sierologici e tamponi rapidi, come già sta avvenendo in alcune Regioni con esiti molto positivi in termini di adesione da parte della popolazione». Occorre quindi che la Manovra estenda «tali servizi all’intero territorio nazionale. Per farlo è necessario un coordinamento a livello centrale e servono risorse adeguate per consentire alle farmacie di continuare a svolgere il loro importante ruolo all’interno della rete territoriale dell’assistenza sanitaria. Nelle bozze della legge di Bilancio, al momento, non c’è traccia di tutto ciò».
C’è iforte preoccupazione per il taglio dei tetti nel comunicato con cui Farmacieunite è intervenuta sabato sulla Manovra: «La proposta» attacca l’associazione «mette a rischio di sfondamento la spesa convenzionata, con l’attivazione obbligatoria del ripiano a carico delle farmacie, che sui farmaci dispensati tramite ricetta non hanno quasi margine. È la prosecuzione di un sistema che impoverisce la professione del farmacista e toglie alla farmacia i medicinali non soggetti a particolari controlli clinici, favorendo la distribuzione diretta dei farmaci senza pensare minimamente alle necessità dei pazienti e dei loro familiari».
Per Farmacieunite, invece, «occorrerebbe un piano esattamente opposto, che preveda il ritorno alla prescrizione dei farmaci oggi dispensati direttamente da parte dei medici di medicina generale, della loro distribuzione in farmacia e di un nuovo modello di remunerazione basato non solo sui farmaci venduti e sugli sconti progressivi in base al costo (che riduce il margine all’aumentare del costo del farmaco) ma anche sulla prestazione professionale del farmacista».