Mentre in ambienti di Governo già si parla di maxiemendamenti alla Legge di bilancio (l’ha fatto il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, a proposito delle norme sulle pensioni dei medici Ssn), da esperti ed economisti arrivano le prime valutazioni sugli articoli della Manovra che più interessano da vicino le farmacie, ossia quelli su tetti alla spesa farmaceutica, nuova remunerazione e superamento della distribuzione diretta. È il caso di Patrizio Armeni, Francesco Costa e Monica Otto, della Sda Bocconi School of management, che in un articolo pubblicato ieri su Sanità 24 si cimentano in alcunbe previsioni sugli effetti incrociati dei provvedimenti relativi alla distribuzione farmaceutica.
In sintesi, la norma che ridimensiona la distribuzione diretta dovrebbe comportare per le farmacie un aumento degli accessi più o meno consistente a seconda dell’uso che ogni Regione oggi fa del canale alternativo della distribuzione per conto, con ricadute sulla remunerazione che dipenderanno anche dai compensi pattuiti negli accordi locali sulla dpc. Sulla spesa farmaceutica, invece, l’impatto principale riguarderà lo spostamento di volumi dal canale della dd-dpc a quello della convenzionata: «A un primo sguardo» scrivono gli esperti «si direbbe che questa norma possa aiutare ad alleggerire lo sforamento degli acquisti diretti e sfruttare meglio l’avanzo della spesa convenzionata». Considerato tuttavia il parallelo abbassamento del tetto di quest’ultima, diventano «più probabili sfondamenti» che poi la filiera dovrebbe ripianare interamente».
Di effetti sulla spesa farmaceutica delle Regioni parla anche Nello Martini, lo storico “padre” dell’Aifa, che in un articolo pubblicato da Quotidiano Sanità propone a sua volta qualche riflessione sulle misure della Manovra. Il trasferimento di farmaci dalla classe A/Pht alla convenzionata, scrive in particolare Martini, «dovrà assicurare l’assistenza di prossimità per i pazienti con patologie croniche», quindi non potrà che riguardare «farmaci prescrivibili dal mmg e afferenti a classi terapeutiche rivolte a tali patologie». Non sarà quindi il prezzo a decidere (per esempio, tutti i farmaci sotto i 49 euro), perché si farebbe riferimento a un indicatore economico con la conseguenza di «rompere le categorie terapeutiche di appartenenza e quindi determinando di fatto una disuguaglianza di accesso legata al canale distributivo».
D’altro canto, una selezione basata su criteri clinico-assistenziali rischia di far saltare i conti della spesa farmaceutica convenzionata. Per spiegare Martini prende il caso dei farmaci delle note Aifa 97 (Nao) e 100 (antidiabetici): per tipologia e caratteristiche, spiega, «si prestano al trasferimento dalla dpc alla convenzionata, perché si riferiscono a patologie croniche che richiedono un’assistenza diretta sul territorio e prescrizione del mmg». Se tutti i farmaci delle due note fossero contemporaneamente trasferiti dalla dpc alla Convenzionata, tuttavia, «si supererebbe la capienza disponibile della farmaceutica convenzionata e si determinerebbe uno sforamento del tetto, rompendo in modo irreversibile la sostenibilità economica».
Il problema, prosegue Martini, potrebbe essere superato «applicando sul prezzo al pubblico (del farmaco distribuito nel circuito della convenzionata, ndr) le scontistiche confidenziali che le Regioni negoziano con l’industria sul prezzo ex-factory, mantenendole a carico delle stesse Aziende». Un meccanismo di questo genere danneggerebbe le farmacie, la cui remunerazione è legata al prezzo del farmaco dispensato, ma proprio per questo la Manovra prevede anche un nuovo sistema retributivo per gli esercizi farmaceutici.
«La remunerazione delle farmacie svincolata dal prezzo del farmaco» ricorda Martini «costituisce la base per poter inserire nuovi farmaci nella convenzionata e sviluppare la farmacia dei servizi evitando una deriva verso il modello “Drugstore”». Tuttavia la proposta formulata nella Legge di bilancio, imperniata su «una quota fissa percentuale del 6% rapportata al prezzo al pubblico e tre quote fisse in rapporto agli scaglioni di prezzo», rappresenta «un primo passo ma non realizza completamente il principio di separazione della remunerazione delle farmacie dal prezzo dei medicinali, in quanto individua un onorario in funzione degli scaglioni di prezzo dei medicinali e del fatturato delle farmacie».