Accelerazione in vista per le forniture di mascherine acquistate da farmacie e società della distribuzione farmaceutica e impantanate negli uffici doganali italiani. A impartirla l’ordinanza 13/2020 del commissario per l’emergenza Covid Domenico Arcuri, che in un solo articolo estende alle imprese associate a Federfarma, Assofarm, Farmacie Unite, Unaftisp, Ftpi, Fnp, Pi, Federfardis, Mnls, Ulpi, Federfarma Servizi, Adf, Confcommercio, Federdistribuzione ed Ancd-Conad le disposizioni della circolare del ministero della Salute del 12 febbraio scorso per lo sdoganamento celere di tutti i dpi e in particolare delle maschere modello ffp2, ffp3, N95 e Kn95. «Gli associati/aderenti alle associazioni che hanno sottoscritto i Protocolli d’intesa (sul prezzo massimo delle mascherine chirurgiche, ndr)» recita l’ordinanza «hanno diritto a utilizzare le procedure doganali di svincolo diretto e/o svincolo celere per l’importazione cumulativa, assoggettata a iva e imposte doganali, dovute per legge, dei materiali destinati alla vendita al consumo».
L’accelerazione, come fanno notare le sigle di categoria che hanno già esaminato l’ordinanza, aiuta ad aggirare le lungaggini doganali ma non interviene in alcun modo sui tempi con cui Inail e Istituto superiore di sanità rilasciano le validazioni per le maschere importate dai Paesi extra-Ue. E’ proprio su questo, però, che la settimana scorsa è scoppiata la polemica tra commissario Arcuri e distributori del farmaco, una diatriba che lo stesso Arcuri ha rinfocolato ieri in un’intervista a Repubblica.
Intanto, nell’ultima bozza del decreto Rilancio (che oggi dovrebbe approdare in Consiglio dei ministri) rimangono confermate le misure sui prezzi delle mascherine già anticipate nei giorni scorsi, anche se con importanti modifiche. Innanzitutto all’articolo 134, comma 1, viene ridotta al 5% l’aliquota iva su un lungo elenco di prodotti sanitari e non, che comprende mascherine chirurgiche, mascherine ffp2 e ffp3, termometri, detergenti disinfettanti per mani, dispenser a muro per disinfettanti, soluzione idroalcolica in litri eccetera. Il comma 2, inoltre, accorda in via transitoria alle cessioni di tali beni l’esenzione da iva «con diritto alla detrazione dell’imposta pagata sugli acquisti e sulle importazioni» (come recita la relazione tecnica di accompagnamento».
Quanto ai prezzi massimi di vendita, l’articolo 47 impone a produttori e distributori di dpi e mascherine chirurgiche l’obbligo di «indicare il prezzo massimo di vendita consigliato» (nel caso di mascherine provenienti dall’estero, l’onere ricade sull’importatore che deve fissare un margine di ricarico «in ogni caso non superiore al 50% del costo di importazione»). Il prezzo finale al consumo praticato dai rivenditori finali, avverte in ogni caso l’articolo, non può superare un importo indicato, di cui però non c’è ancora traccia nella bozza circolata ieri. Come si ricorderà, in precedenza era circolata una tabella che fissava a 1,50 euro il prezzo delle mascherine chirurgiche (tre volte il tetto indicato da Arcuri) e introduceva nuovi massimi per ffp2, ffp3, guanti, gel e altri prodotti ancora. FPress aveva scoperto che i prezzi dei dpi erano alla virgola quelli indicati pochi giorni prima da Assosistema, l’associazione dei produttori e distributori di dispositivi di protezione, che ieri ha confermato al nostro giornale come quei valori (5,75 euro per le ffp2 senza valvola, 6,50 uro per le ffp2 con valvola e 9,50 euro per le ffp3, sempre con valvola) siano da considerare prezzi ex-factory. La speranza è che il Governo, quando scriverà i nuovi tetti, ne tenga conto.