di Francesco Pascolini*
La distribuzione di mascherine nelle farmacie toscane attraverso il canale della dpc ma in modalità gratuita rappresenta un’ulteriore dichiarazione di resa da parte di Federfarma. Posso comprendere la situazione emergenziale e la necessità di collaborare con l’amministrazione, mi chiedo però se il sindacato regionale, prima di accettare condizioni del genere, si sia posto un paio di domande. La prima: format di questo tipo sono facilmente esportabili in altre regioni e chi per primo sigla contratti di tale genere non può non tenere conto che le Pa di tutta Italia sono in rete e potrebbero essere indotte a replicare questi accordi. Vale ovviamente per qualsiasi tipo di protocollo: ricordo che fino a poco tempo fa le intese firmate sul territorio venivano esaminate dal Consiglio delle regioni e di frequente si osservava che gli accordi firmati al ribasso dalle associazioni periferiche di Federfarma costituivano regolarmente un “benchmark” per le altre regioni e province.
La seconda domanda che Federfarma avrebbe dovuto porsi è: quante, tra le farmacie aderenti, si sono rifornite per tempo di mascherine in previsione di una contingenza emergenziale che ragionevolmente non si sarebbe fermata a breve? Non mi occupo più di sindacato da un paio di anni, ma l’esperienza passata mi spinge a ritenere che sia persa un’occasione per accreditare il sistema farmacia nei confronti del servizio sanitario: la distribuzione dei dpi a titolo gratuito, in particolare, avrebbe dovuto essere collocata in una strategia sindacale di respiro generale, cioè comune a tutte le regioni, anziché lasciarla ai tatticismi locali. Tatticismi che, oltre a non giovare all’immagine della farmacia (che cosa pensa l’assistito che soltanto il giorno prima nella stessa farmacia aveva acquistato una mascherina di tasca propria?), hanno anche annacquato la specificità del canale, visto che le stesse mascherine sono state fornite per la distribuzione a pioggia anche ai supermercati.
Federfarma ha per missione statutaria quella di tutelare gli interessi delle farmacie associate (non necessariamente sotto il profilo economico) e difenderne il ruolo socio-sanitario e assistenziale su un territorio particolarmente complesso come il nostro, dove rimangono il solo vero presidio efficace, dove i colleghi si spendono senza risparmiare alcuna energia, come questa emergenza ha dimostrato. Ne dovrebbero tener conto tutti. Anche quello che in malo modo viene definito sindacato.
* Farmacista titolare, ex presidente di Federfarma Friuli