L’esperienza maturata con la dpc dimostra che il passaggio a una remunerazione a quota fissa non mette per forza al sicuro la marginalità delle farmacie italiane da tagli e contenimenti di spesa. Nella trattativa con le Regioni, dunque, prima di discutere di modelli si dovrebbe innanzitutto parlare di risorse, ossia di quanto il Ssn è disposto a mettere in più nel piatto per l’aderenza terapeutica e gli altri servizi. Ne è convinto Massimo Mana, presidente di Federfarma Piemonte, che interviene nel dibattito sulla nuova remunerazione proponendo un netto cambio di prospettiva.
Mana, nel suo intervento all’ultima assemblea nazionale del sindacato lei ha detto che prima di parlare di modelli vorrebbe che si parlasse di soldi…
Esatto. La mia idea è che ha senso discutere con la parte pubblica di nuovi sistemi di remunerazione soltanto se prima se ci è stato assicurato che le farmacie avranno più soldi, cioè un finanziamento più consistente e congruo dell’attuale.
Perché questa scala di priorità?
Io sono stato tra i primi a ragionare su un’eventuale remunerazione a quota fissa, ne cominciai a discutere già nel 2007. Non ho quindi problemi a dire che non è certo abbracciando questo modello che difenderemo i nostri fatturati da tagli e interventi di contenimento della spesa, come dimostra la dpc. Nel negoziato con le Regioni, dunque, occorre prima ottenere il loro impegno a incrementare il finanziamento. Perché se le risorse sono le stesse degli anni passati, cambiare remunerazione potrebbe rivelarsi inutile se non pericoloso.
Quante probabilità dà all’eventualità che le Regioni allarghino i cordoni della borsa? Un anno fa, a Farmacistapiù, l’allora coordinatore della sisac Vincenzo Pomo disse: la spesa farmaceutica vale 8 miliardi di euro, diteci se li volete sotto forma di margine sul prezzo o come onorario professionale…
Io dico che l’ultima convenzione risale al 1998, da allora sono passati vent’anni e se nei primi dieci i fatturati sono cresciuti negli ultimi dieci è stata invece una lenta discesa agli inferi. Trovo assolutamente comprensibile che le farmacie chiedano il rifinanziamento delle risorse a loro dedicate, i medici i loro aumenti li hanno avuti. Dovremmo seguire lo stesso copione: quando i loro sindacati si siedono al tavolo negoziale, prima concordano il monte salariale e decidono come ripartirlo sulle varie voci.
E le farmacie, quanto dovrebbero chiedere dunque?
Non spetta a me dirlo, ma bisogna tener conto che mille euro al mese per farmacia significano oltre 200 milioni all’anno di ulteriore finanziamento, se si dovranno implementare i nuovi servizi occorreranno nuove risorse per poter inserire nuovi colleghi.