Si aspettava un intervento del ministero della Salute, per ora arriva una comunicazione dell’Aifa i cui effetti potranno essere valutati soltanto nei prossimi giorni. Il tema è la famosa norma della Legge di bilancio che, sui farmaci della convenzionata, ha rivisto le quote di spettanza di industriali e grossisti, dal 66,65 al 66% per i primi e dal 3 al 3,65% per i distributori.
Come noto, sin dall’entrata in vigore della Manovra i produttori di generici hanno sposato un’interpretazione della norma che escluderebbe gli equivalenti dalla disposizione, tant’è vero che a oggi su tali farmaci le aziende continuano a riconoscere ai grossisti il vecchio margine del 3%. Per ricondurre gli industriali a più miti consigli, le organizzazioni di rappresentanza del comparto intermedio avevano sollecitato al ministero della Salute un intervento chiarificatore, ma finora nulla è uscito (anche se alcuni sostengono che in effetti una circolare sarebbe già stata abbozzata, ma per ora girerebbe soltanto tra gli uffici del dicastero).
Ora in campo è scesa l’Aifa, con una comunicazione che i distributori hanno subito accolto come quel chiarimento che tanto si attendeva. Ma che dice in sostanza l’Agenzia? In sintesi, la nota avverte che alla luce di quanto dispone la Legge di bilancio sulle quote di spettanza, le determinazioni dell’Aifa relative alla classificazione delle specialità medicinali recheranno d’ora in avanti nelle premesse un richiamo alla norma sui nuovi margini, mentre all’articolo 1 (classificazione ai fini della rimborsabilità) riporteranno un’indicazione che – tradotta dal burocratese – dovrebbe convincere i produttori di generici ad allinearsi.
Il condizionale ovviamente è d’obbligo: dal momento stesso in cui è uscita, la comunicazione dell’Agenzia del farmaco è stata messa sotto la lente dalle industrie, che avranno però bisogno di qualche giorno per valutare quale risposta dare. In primo luogo, andrà capito se la nota davvero chiarisce il senso di una disposizione confusa e mal scritta, oppure riconferma le indeterminatezze della norma originaria cui si erano appellati i produttori per motivare la loro posizione. In secondo luogo, le aziende dovranno decidere se “ubbidire” oppure aprire un contenzioso davanti alla giustizia amministrativa: al contrario delle circolari ministeriali, le determine dell’Aifa figurano tra le fonti del diritto e quindi sono impugnabili di fronte al Tar (quello laziale, nella fattispecie). Insomma, si potrebbe arrivare a quel “redde rationem” che per alcuni rappresenta l’unica via di uscita dall’impasse attuale. Non resta che seguire gli sviluppi.