C’è una nuova emergenza nella guerra al coronavirus che da due mesi sta impegnando energie e risorse del nostro sistema sanitario: la disponibilità di ossigeno terapeutico nell’asset delle cure territoriali. E’ un problema di numeri che non tornano, esattamente come la dotazione di posti-letto nelle terapie intensive che non riesce a stare dietro al volume dei ricoveri o le forniture di mascherine e dpi insufficienti rispetto alla domanda in costante crescita. E l’epicentro è ancora la Lombardia, il fronte di guerra più virulento, dove da un paio di settimane gli ospedali hanno cominciato a rimandare a casa i malati di covid-19 in condizioni stabilizzate ma non ancora guariti, allo scopo di liberare letti per i nuovi casi. Malati che devono mantenere l’isolamento e soprattutto hanno bisogno dell’ossigeno terapeutico.
E così, sul sistema delle cure territoriali è caduto un nuovo macigno, il cui gravame sta ancora una volta nei numeri: normalmente in Italia ammontano a circa 125mila i pazienti cronici domiciliarizzati in ossigenoterapia (con gas liquido o gassoso), per i quali è disponibile un parco di circa 175mila recipienti. Ma nelle due ultime settimane, spiegano ad Assogastecnici, l’associazione dei produttori di gas medicale, la domanda è letteralmente esplosa: in media, ogni giorno 135 malati vengono dimessi, tornano a casa e hanno bisogno dell’ossigeno.
A iniziare sono stati a metà marzo gli ospedali di Bergamo e provincia, dove l’epidemia continua a generare numeri tremendi. Grazie anche al provvedimento emanato l’altra settimana dall’Aifa sull’utilizzo in deroga di bombole non incluse nel dossier Aic, spiegano ancora ad Assogastecnici, imprese e farmacie sono riuscite a reggere l’urto, ma il sistema è stato saturato. E così, quando la settimana scorsa hanno cominciato a deospedalizzare massicciamente anche Brescia, Mantova, Cremona e Milano, la carenza di contenitori è diventata drammatica.
Per incrementare le disponibilità si è fatto ricorso a ogni misura possibile, compreso l’invio di carabinieri a casa dei pazienti per recuperare le bombole inutilizzate, una spedizione dei Nas a Torino per rastrellare recipienti e la collaborazione dei vigili del fuoco per sanificare i cilindri recuperati. A Brescia la presidente dell’Associazione titolari di farmacia, Clara Mottinelli, ha diffuso un “video-appello” per chiedere alle famiglie che hanno in casa bombole inutilizzate, così come ai veterinari e ai dentisti che in questo momento hanno gli ambulatori chiusi, di mettere i contenitori a disposizione dei malati. «Cerchiamo di recuperare tutto ciò che è possibile» spiega Mottinelli a FPress «il numero delle consegne di bombole e contenitori è cresciuto dalle solite dieci al giorno a più di 120, il sistema è ormai alle corde. E’ una situazione angosciante: ci chiamano per implorarci di trovare l’ossigeno per il parente appena dimesso, c’è anche chi piange. Sentirsi impotenti è insopportabile».
Per Assogastecnici quello dell’indisponibilità di contenitori è un problema senza uscita. Le imprese si stanno prodigando per recuperare il prima possibile le bombole consegnate a domicilio (con tensioni enormi sulla rete logistica) ma certi tempi sono incomprimibili: i malati di covid-19 hanno bisogno di 6-8 litri di ossigeno al minuto, un contenitore non copre più di 8-10 ore di terapia. E poi, quello che manca veramente non sono tanto i cilindri quanto gli accessori, come valvole e riduttori.
Nelle ultime video-conferenze con le autorità sanitarie lombarde e nazionali e con la Protezione civile, Assogastecnici ha così avanzato la proposta di non domiciliarizzare i dimessi ma concentrarli in strutture assistite – alberghi requisiti, Rsa dimesse e altro ancora – dove l’ossigeno viene fornito da impianti identici a quelli dei reparti ospedalieri, alimentati da un serbatoio centrale. In questo modo si allevierebbe la pressione su filiera logistica e farmacie, che in caso contrario non riuscirebbero a reggere ancora a lungo.
A quanto pare, la proposta coincide con i piani della Regione Lombardia : una disposizione annunciata l’altro ieri ha stanziato 11 milioni di euro per creare «ambienti protetti all’interno di strutture sanitarie o sociosanitarie non utilizzate, aree ospedaliere o di altre strutture ricettive», dove ospitare «i pazienti sottoposti a misure di isolamento domiciliare, bisognosi di cure di media intensità». «L’accesso» ha proseguito Gallera «potrà avvenire su proposta del mmg. Le strutture collocate nell’ambito di presidi ospedalieri ospiteranno prima i pazienti con le caratteristiche clinico-assistenziali indicate e provenienti dal pronto soccorso del presidio».
Federfarma Lombardia sta seguendo con estrema attenzione il problema, fin da quando ha fatto capolino su Bergamo e provincia: il 14 marzo il sindacato titolari ha scritto alla Regione per chiedere che venga concessa anche alle farmacie del territorio l’erogazione dell’ossigeno liquido e il noleggio dei concentratori. Il 19 l’Assessorato ha recepito la raccomandazione e ha inviato alle Ats una circolare che fornisce istruzioni uniformi sulle disposizioni da adottare. Federfarma, inoltre, sta collaborando con Assogastecnici, Ats e Forze dell’ordine per incrementare con ogni mezzo possibile il numero dei contenitori in circolazione sul territorio, dato che l’insufficienza di recipienti non riguarda più soltanto il territorio di Bergamo e Brescia ma tutta la Lombardia.