La proposta di legge Trizzino, che impone alle società titolari di farmacie la presenza di soci farmacisti per almeno il 51% del capitale, è stata assegnata mercoledì scorso alla commissione Affari sociali della Camera. Il testo, come si ricorderà, era stato presentato in Parlamento il 28 marzo scorso e sul frontespizio recava la firma di 47 deputati del M5S: oltre a Trizzino, primo firmatario, spiccano dall’elenco la presidente della stessa commissione Affari sociali, Maria Lucia Lorefice, e il farmacista Stefano Chiazzese. La scheda di lavoro consultabile sul sito della Camera ancora non dà indicazioni sull’avvio dell’iter, ma già elenca le Commissioni di Montecitorio che dovranno esprime un parere sulla proposta di legge: Affari costituzionali, Giustizia (per le disposizioni in materia di sanzioni),Bilancio, Finanze, Attività produttive, Politiche Ue e, infine, la commissione Parlamentare congiunta per le questioni regionali.
Il testo è quello di cui si è già scritto a marzo: un solo articolo, che obbliga le società di cui al comma 1, articolo 7, della legge 362/91 a garantire la presenza di soci farmacisti iscritti all’albo per «almeno il 51% del capitale sociale e dei diritti di voto». Il venir meno di tale condizione, continua la proposta di legge, «costituisce causa di scioglimento della società, salvo che la stessa non abbia provveduto a ristabilire la prevalenza dei soci farmacisti professionisti nel termine perentorio di sei mesi». In caso di scioglimento, «l’autorità competente revoca l’autorizzazione all’esercizio di ogni farmacia di cui la società è titolare».
Confermata anche la disposizione sulle società di capitale già in attività che nei mesi scorsi aveva fatto tanto discutere: «Le società di cui al comma 1 già costituite alla data di entrata in vigore della presente disposizione» recita il testo «sono tenute ad adeguarsi entro trentasei mesi dall’entrata in vigore (della legge, ndr). In caso di mancato adeguamento, alle società si applica una sanzione amministrativa pecuniaria di 50mila euro». Secondo diversi esperti (vedi per esempio l’intervista di FPress a Maurizio Cini), nell’attuale formulazione la proposta consentirebbe alle catene già esistenti di sottrarsi all’obbligo della partecipazione maggioritaria in capo ai farmacisti con il pagamento di una sanzione tutt’altro che gravosa.
C’è sempre il tempo di rivedere il passaggio nell’iter parlamentare, in ogni caso la proposta di legge prevede che i fondi raccolti grazie al versamento delle sanzioni vadano a confluire in un «Fondo per la tutela delle piccole farmacie» istituito presso il ministero della Salute.