di Francesco Pascolini*
Come farmacisti abbiamo pagato al covid-19 un tributo di 15 morti e diverse centinaia di ricoverati. Ne usciamo con l’immagine di commercianti che si sono arricchiti (e che vogliono continuare a farlo) grazie a una scarsa visione prospettica, a una difficilmente giustificabile incapacità organizzativa e a una pessima gestione della comunicazione. Avremmo invece potuto presentarci non dico come eroi ma semplicemente per ciò che di fatto siamo: professionisti sanitari attenti alle esigenze del territorio sul quale operano e del quale sono espressione diretta e vera. Senza se e senza ma.
Invece no. Anche gli amici giornalisti ci riprendono, con occhi benevoli, riportandoci alla realtà dei fatti: «Vendete profumi e giocattoli e ora ci venite a dire che non potete vender mascherine?». Quindi mi domando: perché Federfarma non si affida finalmente a qualcuno che sappia fare comunicazione? Per il costo che comporterebbe? Ma sarebbe di certo inferiore alla perdita – non solo in termini d’immagine – arrecata alle farmacie associate dalla miopia di chi ora è alla regia del sindacato nazionale.
Quanto mi rattrista vedere la farmacia italiana relegata a un ruolo di gregario della sanità territoriale. Quanto mi amareggia assistere al suo declino. Quanto mi indigna essere messi dietro la lavagna, magari da un pinocchio qualsiasi perché incapaci di replicare.
Non si è stati in grado di affrontare una criticità trasformandola in opportunità, per ridare vividezza ad una immagine, la nostra, che sta inesorabilmente sbiadendo. Vorrei ci fosse maggiore collaborazione tra i vari rappresentanti sindacali. Vorrei una Federfarma coesa, dove i presidenti regionali costituiscano la vera giunta. Vorrei che si varasse una riforma statutaria vera, in linea con i tempi. Dove chi vale possa portare il proprio contributo alla causa. Dove le sinergie tornino a essere la vera forza di un sindacato unitario. Dove si attribuiscano finalmente incarichi secondo criteri di competenza e non secondo logiche di appartenenza, tipiche di uno schema politico che nulla ha a che vedere con quelle che dovrebbero essere le finalità di Federfarma.
Vorrei che i denari che il sindacato accumula nelle sue varie declinazioni (provinciali, regionali e nazionale) venissero utilizzati non per rimanere nei conti correnti delle banche. Vorrei fossero investiti per consentirci di continuare ad avere il ruolo che avremmo sempre dovuto mantenere e che fino poco tempo fa ci veniva riconosciuto universalmente. Vorrei che le critiche fossero accolte dai vertici del sindacato come uno stimolo per migliorare incessantemente e ricreare le condizioni per una dignitosa sopravvivenza della farmacia italiana.
* Farmacista titolare, ex presidente di Federfarma Friuli