Sono 150 i milioni destinati alle farmacie rurali sussidiate dal Recovery plan, il Piano nazionale di ripresa e resilienza che il governo ha inviato la settimana scorsa all’Ue. Ne dovrebbe beneficiare la metà circa delle 4mila farmacie che assicurano l’assistenza nei comuni sotto i tremila abitanti, ognuna delle quali riceverà un finanziamento da utilizzare per investimenti nei servizi sanitari alle comunità. E’ quanto si legge nelle schede tecniche in lingua inglese che accompagnano il Recovery plan e che Quotidiano Sanità ha divulgato l’altro ieri.
In particolare, le pagine che illustrano gli interventi a sostegno delle farmacie rurali nell’ambito della strategia per le aree interne aggiungono nuovi dettagli sulle misure programmate dal governo. Per cominciare, la quantificazione dei finanziamenti: sul piatto ci saranno 150 milioni, 100 dall’Europa e altri 50 dai privati, ossia gli stessi titolari di farmacia. Proprio così: un terzo dei fondi dovranno metterli i farmacisti, che così saranno “motivati” a rispettare impegni e contenuti del progetto (anche se per le risorse potranno accedere a finanziamenti particolarmente agevolati). I soldi, in media 72mila euro a farmacia, serviranno per interventi infrastrutturali che assicureranno l’obiettivo di lungo termine del piano, ossia trasformare queste farmacie in «healthcare facility», strutture sanitarie di prossimità per l’assistenza territoriale.
Il Piano elenca in dettaglio gli interventi, per la quantificazione economica dei quali (avvisa una nota) ha collaborato Federfarma nazionale: 23mila euro a farmacia per la riorganizzazione dell’area dedicata alla dispensazione dei farmaci («drug dispensing area»), 780 euro per l’acquisto di attrezzature, 1.500 euro per la formazione dei collaboratori, 1.800 euro per l’acquisto di software, 18mila euro per l’allestimento di postazioni di teleconsulto («Workstation for taking charge of the patient»), 11mila euro per il noleggio di device vari, 16.500 euro per la realizzazione di spazi dove organizzare i servizi diagnostici. Totale, come detto, 72 mila euro per esercizio, che però rappresenta una cifra media: le farmacie rurali sussidiate con fatturato sopra i 600mila euro riceveranno un finanziamento procapite di quasi 94mila euro, per le altre le risorse si fermeranno a 63.500 euro (vedi sotto).
Qual è il mosaico? Come spiega il Piano, questi interventi serviranno a fornire alle duemila farmacie che beneficeranno del finanziamento per dotarsi di strumenti e spazi con cui portare i servizi sanitari il più vicino possibile agli italiani che vivono nelle aree interne. In particolare, il Recovery plan cita la partecipazione «ai servizi di assistenza domiciliare integrata», l’erogazione di «prestazioni di secondo livello in coerenza con i percorsi diagnostico-terapeutici previsti per patologie specifiche», assicurare il monitoraggio del paziente attraverso la cartella clinica elettronica e il dossier farmaceutico e infine – la “missione” che forse rallegrerà di più i farmacisti titolari – «dispensare i farmaci che oggi il paziente è costretto a ritirare in ospedale».
Questi interventi, prosegue il Piano, permetteranno di «decongestionare in modo consistente gli ospedali (soprattutto per quanto riguarda i pronto soccorso) e ottimizzare l’erogazione dei servizi di primo e secondo livello», rafforzare la rete sanitaria locale con la «possibilità di interconnessione digitale e condivisione dei percorsi diagnostico-terapeutici, facilitare l’accesso al Ssn e al farmaco.
Chiude il capitolo riguardante il finanziamento che dovrà arrivare dagli stessi farmacisti titolari: entro il quarto trimestre 2021, dice ancora il Piano, l’Agenzia per la coesione territoriale lancerà un bando di gara riservato alle farmacie dei comuni con meno di 3.000 abitanti; per partecipare e accedere al finanziamento (valore complessivo – come detto – di 50 milioni di euro, che la Banca d’Italia erogherà in parte a fondo perduto e in parte a fondo agevolato) occorrerà presentare un progetto che definisca in modo dettagliato come la farmacia intende organizzarsi e spendere le risorse assegnate per raggiungere gli obiettivi di sistema. Insomma: prima di avere i soldi, sono le condizioni, si dovranno mettere mero su bianco progetti e impegni. Ma è la stessa richiesta che l’Europa pone all’Italia: basta con i finanziamenti a pioggia, verranno sostenuti soltanto gli interventi che avranno un impatto reale. E la vigilanza sarà severissima.