Sul nuovo modello di remunerazione – quota fissa più margine – al quale i vertici nazionali di Federfarma stanno lavorando per presentarlo al ministero della Salute lunedì prossimo (30 settembre) c’è una sola certezza: il nuovo sistema interesserà soltanto i farmaci della convenzionata, non quelli della diretta-dpc che quindi continueranno a essere governati dall’attuale meccanismo degli accordi regionali a retribuzione differenziata. E’ ciò che molti farmacisti stanno scoprendo in queste ore sui gruppi Facebook a loro riservati, non senza qualche stupore visto che in molti speravano in un nuovo modello che “sterilizzasse” distribuzione diretta e dpc.
La proposta di remunerazione che Federfarma intende inviare alla controparte pubblica per fine mese, invece, si limita a mettere sul tavolo un sistema misto più o meno simile al modello franco-elvetico, con una quota fissa per confezione che varia in base al prezzo al pubblico del farmaco (sono previste tre fasce) e una quota percentuale (ancora sul prezzo al pubblico) che invece mantiene lo stesso valore su tutte le fasce.
Si sa invece molto poco dei valori che Federfarma assegnerà alla quota fissa e alla quota percentuale nella proposta da inviare al Ministero. A Roma cifre e schemi vengono tenuti in cassaforte e negli incontri che si susseguono in questi giorni continuano a circolare numeri di volta in volta differenti, forse per gettare fumo negli occhi (ed evitare che alla controparte arrivi qualcosa prima del tempo) oppure perché c’è indecisione. Tutto ciò che si sa, è che in più di due mesi di lavoro (e di incontri con le associazioni territoriali del sindacato che hanno chiesto di essere coinvolte nel cantiere) i valori sono cambiati parecchie volte: nella prima bozza, la quota fissa stava ampiamente sopra l’euro e la quota percentuale era ai minimi termini; poi, di aggiornamento in aggiornamento, il “fee” a scatola si è quasi dimezzato e la quota marginale è cresciuta in proporzione, come una bilancia a due piatti. In queste limature hanno pesato le obiezioni sia di Federfarma Lombardia, la più attiva nell’obiettare ai calcoli della presidenza e nel contestare il sistema misto, sia dell’Aifa, che in alcuni contatti ha sconsigliato la Federazione di proporre una quota fissa esorbitante sui farmaci con prezzo minimo (che fanno l’80% delle vendite nelle farmacie del territorio).
Poco chiari anche i numeri relativi alla remunerazione dei grossisti. La proposta di Federfarma, anche in questo caso imperniata su un sistema misto con quota fissa e percentuale sul prezzo al pubblico, non piace comunque ad Adf che nell’assemblea pubblica della settimana scorsa ha fatto sapere di aver iniziato a lavorare su una propria proposta. Oggi l’associazione ha in programma un incontro con Federfarma Servizi per valutare un percorso comune, intanto le voci che arrivano dalle cooperative dicono che anche in questa parte del pianeta distribuzione c’è chi ha forti perplessità sullo schema di Federfarma (e a un tuffo nel buio preferisce lo status quo).
Perplessità anche tra i farmacisti titolari, soprattutto per le ricadute della nuova remunerazione sulla distribuzione diretta: un modello che non “blinda” il Pht consentirà sempre alle Regioni di spostare farmaci dalla convenzionata alla dpc per risparmiare sugli onorari alle farmacie, che così non guadagnerebbero nulla da un sistema misto che promette soltanto sulla carta di preservare la marginalità dei titolari ma in realtà incoraggerà l’emorragia. E’ anche per questo che Federfarma Lombardia chiede alla Federazione di posticipare l’invio della proposta e prendere più tempo per riflettere su tutte le sue ricadute.