Federfarma dà luce verde al consiglio di presidenza per avviare il confronto con la parte pubblica su un nuovo modello di remunerazione a struttura mista, quota fissa a pezzo più margine sul prezzo al pubblico. E’ l’esito della seduta dell’assemblea nazionale del sindacato che ieri a Roma ha esaminato i contenuti della proposta sposata dalla Federazione con Fofi e Assofarm. I numeri sono quelli già circolati la settimana scorsa: la quota marginale vale il 7% (netto iva) del prezzo al pubblico, la quota fissa invece ammonta a 50 centesimi a scatola per i medicinali con prezzo fino a 4 euro, 1,70 euro per i prodotti fino a 11 euro e 2,60 per i restanti (sempre al netto dell’iva). Rispetto alla remunerazione attuale, hanno assicurato i vertici del sindacato ai delegati delle rappresentanze territoriali, il margine netto a confezione di una farmacia media passerà dagli 1,92 euro di oggi a 2,52 euro, per un incremento del 31,4%.
E’ quindi un mandato vincolato a questi numeri – e alle stime dei benefici che ne deriveranno per i farmacisti titolari – quello che l’assemblea ha conferito ieri a larga maggioranza alla presidenza del sindacato: la revisione della remunerazione, recita in particolare la mozione finale, riguarderà «esclusivamente il rapporto tra le farmacie e il Ssn, mediante la sola modifica del calcolo per la tariffazione ed emissione della dcr», e nel confronto con la parte pubblica dovrà essere garantita «l’indicizzazione dei valori della nuova remunerazione» e «le premialità in favore delle farmacie a sconto agevolato ed esenti sconto» (così come gli incentivi «per la promozione dei farmaci a brevetto scaduto»). La riforma, è in sostanza la promessa, si farà soltanto se garantirà alle farmacie una redditività superiore all’attuale di 300 milioni.
Il consiglio di presidenza, continua la mozione, si impegna anche «a sottoporre all’asseverazione dell’assemblea nazionale qualsiasi mutamento essenziale rispetto ai dati e alle elaborazioni (presentati ieri, ndr) prima dell’eventuale sottoscrizione della proposta con gli interlocutori istituzionali». E a proseguire il confronto con le otto rappresentanze territoriali che tra agosto e settembre avevano lavorato sui numeri.
E la Lombardia, l’Unione regionale che più di tutte aveva espresso perplessità sui modelli che di volta in volta uscivano dal cantiere del sindacato? A fronte di una mozione finale che non firma assegni in bianco ma riserva all’assemblea l’ultima parola, si è ritenuto opportuno adottare la linea dell’astensione. Anche perché, ha ricordato in aula Luigi Zocchi, segretario regionale di Federfarma Lombardia, i numeri della proposta ufficializzata ieri sono già un passo avanti rispetto a quelli circolati originariamente, anche grazie alle nostre obiezioni avanzate nelle settimane passate. E se nel modello fosse inserita una quarta fascia, per i farmaci sopra i 30-40 euro, gli effetti sulle farmacie lombarde sarebbero ancora più equilibrati.
«L’astensione dal voto» spiega a FPress la presidente di Federfarma Lombardia, Annarosa Racca «si collega all’impegno espresso dalla presidenza di mantenere aperto il tavolo della remunerazione con le associazioni territoriali (oltre alla Lombardia partecipano Emilia Romagna, Piemonte, Puglia, Cosenza, Firenze, Napoli e Verona, ndr). Abbiamo così la possibilità di lavorare per affinare ulteriormente la proposta, anche a negoziazione in corso con la controparte pubblica, e assicurarci che la riforma non avrà ricadute sulle farmacie lombarde. Questa è oggi l’unica prima preoccupazione». «Dopo l’assemblea di ieri la nostra richiesta di vedere chiaro nei numeri del modello elaborato dalla presidenza non viene meno» aggiunge Zocchi «oggi chiederemo alla Federazione di inviarci tutti i dettagli della proposta e i valori sui quali si basa per passarli al setaccio».