Mancano al momento le coperture con cui finanziare l’abolizione del superticket. E se il ministro della Salute, Roberto Speranza, propone di andarli a prendere al di fuori del budget del Ssn, il presidente della Conferenza delle Regioni – e dell’Emilia Romagna – Stefano Bonaccini butta sul tavolo un’altra idea, che fa correre un brivido sulla schiena dei farmacisti titolari: i soldi si possono trovare incrementando gli acquisti diretti dei farmaci. L’uscita risale all’altro ieri, quando Bonaccini ha fatto visita al 121° Congresso Nazionale della Società italiana di chirurgia, a Bologna. «Con la centrale unica degli acquisti per beni e servizi» ha detto a margine dei lavori «nelle nostre 14 aziende sanitarie abbiamo risparmiato negli ultimi quattro anni 680 milioni di euro. Questi risparmi ci hanno permesso – unici finora in Italia – di eliminare i superticket per le famiglie dell’Emilia-Romagna con un reddito fino a 100mila euro. Ma soprattutto, abbiamo assunto oltre 10mila professionisti negli ultimi 3 anni, tutti con contratti a tempo indeterminato».
Il messaggio, in sostanza, è inequivocabile: se si vuole eliminare il superticket, basta che le altre regioni facciano come l’Emilia Romagna, cioè si buttino a testa bassa negli acquisti centralizzati. Anche dei farmaci, ovviamente, che poi la Regione guidata da Bonaccini fa distribuire direttamente. E intanto, a più di sei mesi dalla stipula, nella regione resta ancora lettera morta l‘accordo sulla dpc che Federfarma e Assofarm avevano firmato a fine febbraio: le commissioni che avrebbero dovuto definire i dettagli della «dispensazione a pacchetti» (la nuova modalità distributiva con cui le farmacie dovevano rilanciare il proprio ruolo sul territorio grazie alla presa in carico) non si sono mai riunite o non sono andate oltre il primo incontro. Di conseguenza diretta e dpc continuano a essere regolate dalla vecchia intesa, che alle Asl sembra non dispiacere.
Si parlerà certamente anche di questo nell’assemblea nazionale di Federfarma che oggi a Roma dovrà discutere di riforma della remunerazione: le associazioni territoriali che non condividono l’impostazione del consiglio di presidenza ribadiranno che il vero bersaglio da attaccare per difendere la redditività delle farmacie non è il margine ma la distribuzione diretta (vedi al riguardo l’articolo di ieri di FPress), e indubbiamente l’uscita dell’altro ieri di Bonaccini porta argomenti a sostegno. Si discuterà anche delle stime di Iqvia, che la presidenza sbandiera per motivare l’urgenza di cambiare remunerazione: nonostante le insistenze di Federfarma Lombardia perché venisse distribuita alle associazioni territoriali una copia dello studio, in modo da analizzarlo prima dell’assemblea, il consiglio di presidenza ha tenuto cifre e proiezioni chiuse in un cassetto e le presenterà soltanto nella seduta di oggi. Tutto ciò che si sa del lavoro di Iqvia, quindi, rimangono le due tabelle che la Federazione aveva inviato alla Lombardia una settimana fa, dalle quali emergeva la terroristica previsione di un crollo della spesa convenzionata di tre miliardi di euro nei prossimi cinque anni. Una vera catastrofe, se si tiene conto che – sempre per Iqvia – dal 2007 al 2017 (cioè nel doppio del tempo) la convenzionata è scesa di due miliardi.