Nella riforma della remunerazione va accuratamente evitato ogni tipo di errore, perché altrimenti i primi a pagare sarebbero quelli che già oggi sono in maggiore debito di ossigeno, cioè i farmacisti rurali. E’ l’avvertimento che arriva da Alfredo Orlandi, segretario di Federfarma Abruzzo, un altro dei delegati che nell’assemblea nazionale del primo marzo scorso hanno esortato la Federazione a procedere con i piedi di piombo nella ricerca di un nuovo modello di remunerazione per le farmacie del territorio.
Orlandi, anche lei tra coloro i quali chiedono che il sindacato faccia molto bene i suoi conti…
Condivido pienamente ciò che in assemblea ha detto il presidente di Federfarma Piemonte, Massimo Mana: prima di parlare di modelli occorre capire quali sono le risorse aggiuntive che le Regioni vogliono mettere su piatto. Io lo considero il punto- chiave: dobbiamo sapere quale considerazione ha il farmaco nelle politiche sanitarie, quanto conta la farmacia e quale rilevanza hanno le farmacie rurali, ossia la parte più remota e debole della rete.
Qualche preferenza sui modelli?
Prima di modelli dico anch’io: occhio a non sbagliare i calcoli, perché se si fa qualche errore i primi a pagare saranno i rurali, quelli cioè che oggi hanno una marginalità risicatissima.
Come muoversi, allora?
Io mi sto chiedendo quanto senso abbia, oggi, muoversi ancora a livello centrale e se forse non sia meglio lasciare che ogni rappresentanza negozi per la propria Regione.
Sta dicendo che sarebbe il caso di delegare la remunerazione al livello territoriale?
Io rimango favorevole alla negoziazione centrale, perché la farmacia della Val d’Aosta non è poi così diversa da quella del Salento, mMa è anche vero che da anni cerchiamo di uniformare la dpc e non ci riusciamo. E allora, se a livello nazionale non si riesce a centrare l’obiettivo, meglio forse passare la mano alle rappresentanze regionali.