È discriminatoria l’esclusione delle parafarmacie dal portale “Gestione ricetta elettronica bianca” del Sistema tessera sanitaria di Sogei, perché preclude loro la possibilità di vendere «i prodotti di loro competenza» quando vengono prescritti dai medici su ricetta digitale non rimborsata. È il principio affermato nella sentenza (14273 del 3 novembre) con la quale il Tar Lazio ha accolto il ricorso presentato da una novantina di parafarmacie contro il “silenzio-rifiuto” opposto da ministero della Salute e Mef alla diffida che le stesse avevano formalizzato nel maggio scorso perché fosse loro consentito l’accesso al portale Reb (Ricetta elettronica bianca).
A partire dal 31 gennaio 2022, ricordano i giudici amministrativi, i farmaci non a carico del Ssn possono essere prescritti anche in formato digitale; la Reb, in particolare, riguarda i medicinali che necessitano di ricetta medica, ma il curante può «altresì inserire nel documento digitale i farmaci cosiddetti Sop e Otc, alla cui vendita sono autorizzate anche le parafarmacie in forza dell’articolo 5, comma 1, del decreto legge 223/2006».
La diffida inviata nel maggio scorso a Mef e Salute originava da tale considerazione ma i due dicasteri – come poi motivato davanti al Tar – hanno lasciato cadere l’istanza delle parafarmacie perché i ricorrenti avrebbero dovuto impugnare il decreto ministeriale del 30 dicembre 2020 (che definiva il percorso digitale della Reb) «nella parte in cui non contempla tali esercizi tra i soggetti abilitati all’impiego delle ricette mediche elettroniche».
Di avviso differente i giudici laziali, secondo i quali «sussiste l’obbligo di legge per dare riscontro alla diffida dei ricorrenti»: allo stato attuale, infatti, «le parafarmacie sono escluse dal processo di dematerializzazione della ricetta poiché non sono collegate al sistema telematico che consente la lettura del promemoria Reb»; al contrario le farmacie, in quanto collegate al Sistema Tessera sanitaria, «possono commercializzare anche i prodotti che vendono le parafarmacie beneficiando dei vantaggi derivanti dalla ricetta dematerializzata bianca».
Il quadro normativo delineato, continuano i giudici, «fonda dunque l’obbligo a carico del ministero dell’Economia e delle finanze e del ministero della Salute, ognuno per quanto di rispettiva competenza, ad assicurare che il processo di dematerializzazione delle ricette mediche cartacee avvenga senza discriminazioni nei confronti dei vari operatori economici che commercializzano i prodotti sanitari». Di conseguenza, conclude il Tar Lazio, «va nominato – ai sensi dell’articolo 117, comma 3, del Codice della pubblica amministrazione – il Commissario ad acta che provveda su istanza di parte ricorrente» laddove le amministrazioni dovessero risultare ancora inadempimenti trascorsi 30 giorni dalla comunicazione della sentenza.