Il sistema misto messo a punto da Federfarma per riformare la remunerazione delle farmacie non convince neanche Farmacieunite, il sindacato presieduto da Franco Gariboldi Muschietti. E non per posizioni preconcette, ma perché «le simulazioni effettuate su un panel di esercizi associati hanno dato esiti poco convincenti e non privi di incongruenze», che si traducono in un invito a riaprire la riflessione attorno a una proposta «perlomeno controversa già sotto il profilo dei risultati attesi». E’ quanto scrive lo stesso Muschietti in una lettera aperta diffusa ieri a stampa e rappresentanze di categoria. Nella quale il presidente di Farmacieunite rimprovera alla presidenza di Federfarma una linea di condotta, sul tema remunerazione, arida di collegialità.
«La riforma della remunerazione» scrive in particolare Muschietti «riguarda indistintamente tutte le farmacie, dunque non andrebbe affrontata da “uomini soli al comando”, ma dovrebbe essere oggetto di un processo il più possibile condiviso». Nessuno invece «ha chiesto, nemmeno proforma, quale possa essere la nostra posizione in merito, perdendo così un’occasione per ristabilire un clima di convivenza all’interno del perimetro della farmacia».
Oltre che sulla metodologia, Farmacieunite mostra evidenti perplessità anche sulle scelte compiute da Federfarma: il modello di remunerazione sposato dalla proposta ha «molte analogie» con il sistema introdotto all’inizio del 2018 in Francia, che sta dando «esiti decisamente controversi e comunque lontani dalle aspettative». E anche in Svizzera «il modello misto onorario fisso+margine, pur consentendo alle farmacie di “sganciare” la redditività dall’andamento dei prezzi, non le ha messe al riparo né dall’erosione del valore delle ricette né da interventi di contenimento della spesa».
Anche per Muschietti – così come per Federfarma Lombardia e per le altre rappresentanze territoriali della Federazione che hanno criticato la scelta del sistema misto – alla base della proposta di riforma c’è poi un errore d’impostazione: non protegge i farmacisti titolari dal calo dei prezzi un modello che «non rimette in discussione il problema vero all’origine della crisi di redditività delle farmacie», cioè la distribuzione diretta. Se non si interviene sul doppio canale «riportandolo nell’alveo ristretto di farmaci che gli competono e per i quali era nato» scrive Muschietti «nessun nuovo metodo di calcolo della marginalità, per brillante che sia, potrà mai migliorare lo stato di sofferenza della farmacia». Anzi, continua il presidente di Farmacieunite, «presentare alla parte pubblica un nuovo modello di remunerazione non offre alcuna certezza che la parte pubblica, nell’accettarne l’impianto e la logica, non voglia invece ridiscuterne i valori economici e magari imporre alle farmacie valori peggiorativi rispetto a quelli attuali. Per dirla con la sintesi utilizzata dal segretario di Federfarma Milano, Giampiero Toselli, potrebbe finire che noi mettiamo il metodo e il Governo scrive le cifre».
In sostanza, conclude Muschietti, occorre una riforma che intervenga «sulle vere cause dei problemi all’origine della crisi economica delle farmacie», anziché obbedire «all’urgenza di fare qualcosa purché sia». In tal senso, tra gli interventi succedutisi nelle ultime tre settimane a proposito della riforma della remunerazione, quello che centra «il vero cuore del problema» è del presidente di Federfarma Trapani, Leonardo Galatioto: lo Stato – scriveva qualche giorno fa Galatioto in una lettera aperta indirizzata ai sindacati regionali e provinciali delle farmacie – deve dire una volta per tutte e in maniera chiara e inequivocabile se intende avvalersi della rete delle farmacie presenti capillarmente sul territorio nazionale quale braccio operativo per l’erogazione dell’assistenza farmaceutica. «Se la risposta, come è inevitabile, è positiva, sostiene il collega siciliano, e noi con lui, le prestazioni offerte per conto della parte pubblica devono essere remunerate in maniera adeguata, perché non è possibile erogarle ricorrendo a finanziamenti in perdita».