Occorre rinegoziare i contratti di fornitura sottoscritti dalle imprese di generici e medical device con le aziende pubbliche del settore sanitario. È quanto chiedono Egualia e Confindustria dispositivi medici alla luce della «grave carenza di materie prime e il conseguente, drammatico, peso dell’aumento dei prezzi». Le aziende associate, ricordano le due organizzazioni, lavorano prevalentemente con il settore pubblico attraverso gare di aggiudicazione «per lotti spesso molto grandi e pluriennali». Farmaci e dispositivi sono beni di prima necessità per ospedali, ambulatori e le altre strutture sanitarie, dunque le imprese produttrici non possono interrompere le forniture, anche se rincari e inflazione ne hanno compromesso la sostenibilità.
«L’Anac aveva evidenziato già a febbraio le criticità che il caro-prezzi delle materie prime avrebbe creato a servizi e forniture» osservano in una nota Egualia e Confindustria dispositivi medici «e aveva sollecitato il Governo a prevedere anche per forniture e servizi misure di compensazione analoghe a quelle previste per il comparto dei lavori pubblici nel Decreto Sostegni ter».
«Anche il decreto ‘tagliaprezzi, convertito in legge a fine maggio» osserva Enrique Häusermann, presidente di Egualia «ha previsto una clausola sui prezzi, ma solo per i lavori pubblici. L’assetto normativo attuale crea dunque una palese disparità di trattamento tra le diverse categorie di appalti, lasciando completamente abbandonate a sé stesse le aziende del settore sanitario, che hanno invece bisogno di interventi immediati per riuscire a sopravvivere. La supply chain del farmaco sta subendo a livello mondiale una pressione, spesso insostenibile, sulla disponibilità e il costo di materie prime, materiali di confezionamento, macchinari e parti di ricambio, cui si è aggiunto – più di recente – il tema degli approvvigionamenti energetici. Oggi questi costi sono cresciuti di due o tre volte se non di più, a fronte di prezzi spesso negoziati oltre 10 anni fa. Per alcune categorie di farmaci generici equivalenti il prezzo ex factory non è più sostenibile industrialmente».
«Le nostre imprese» aggiunge Massimiliano Boggetti, presidente di Confindustria dispositivi medici «stanno subendo pesantemente la crisi delle materie prime: 8 aziende su 10 hanno ritardato la produzione e il 21% ha dovuto ridurla a causa dell’aumento dei costi delle materie prime. In caso di contestazione e di inadempimento contrattuale corrono il rischio di essere inserite nel casellario informatico Anac, cosa che preclude loro la partecipazione ad altre gare. Tale evenienza impedirebbe di fatto la vita stessa di molte aziende che hanno nel rapporto con l’amministrazione pubblica il solo o principale sbocco commerciale. Per questo motivo, chiediamo che venga riconosciuto l’adeguamento Istat, con scelte rapide e chiare in modo da consentire la sopravvivenza di un settore che si è dimostrato essere l’ossatura del Ssn in questi lunghi anni di pandemia».