Per il ristoro alla filiera delle mascherine vendute a “prezzo politico” dal 27 aprile al 30 giugno, servono procedure differenziate tra farmacie e distributori. E se alle prime il commissario per l’emergenza covid, Domenico Arcuri, può anche chiedere che le domande di rimborso partano soltanto quando tutte le forniture sono state vendute, ai grossisti no, non si può applicare lo stesso trattamento, perché hanno movimentato ben altri volumi e impegnato ben altri capitali. E’, in sintesi, l’obiezione sollevata da Adf e Federfarma Servizi nell’incontro di venerdì scorso con lo stesso Arcuri, nel quale le due sigle della distribuzione hanno discusso delle procedure con cui i grossisti possono chiedere il ristoro delle mascherine vendute a 40 centesimi più iva ma acquistate a un prezzo maggiore.
Rispetto alla procedura concordata l’altra settimana dal commissario con le farmacie, in particolare, i distributori hanno espresso perplessità sulla condizione di far partire le richieste di rimborso una volta terminati tutti gli stock di mascherine soggette a ristoro. I grossisti, è stato fatto notare al commissario, hanno acquistato più di 80 milioni di protezioni facciali, subordinare i rimborsi all’esaurimento delle scorte significherebbe per molte aziende attendere mesi prima di rivedere i capitali impegnati nell’acquisto delle forniture.
La richiesta di Adf e Federfarma Servizi, quindi, è che le aziende siano autorizzate a chiedere fin da subito il rimborso di tutte le mascherine, quelle già vendute e quelle che ancora attendono nei magazzini, ovviamente dopo aver certificato date e condizioni di acquisto con la documentazione necessaria.