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Rurali in deroga, dal Consiglio di Stato sentenza che fa chiarezza

11 Luglio 2024

Secondo un principio costantemente riaffermato dalla giurisprudenza, l’istituto del riassorbimento si applica soltanto «alle farmacie urbane aperte in base al mero criterio della distanza, e non anche alle farmacie rurali istituite in base al criterio topografico». A ricordarlo la sentenza con cui il 23 maggio scorso il Consiglio di Stato a respinto definitivamente il ricorso di una farmacista titolare di Bardonecchia, in provincia di Torino, contro la delibera di giunta del dicembre 2018 che aveva confermato la Pianta organica comunale.

La vicenda risale all’anno precedente, quando la farmacista chiede al Comune di sottoporre a revisione la pianta organica delle farmacie e dichiarare soprannumeraria la sede numero 2 (aperta in deroga e gestita dallo stesso Comune) per il «venir meno delle esigenze in rapporto alle condizioni topografiche e di viabilità». Respinta l’istanza dal comune, la titolare si rivolge al Tar che dà ragione alla farmacista laddove richiede che l’amministrazione comunale proceda alla revisione della Pianta organica. Ma respinge per inammissibilità la pretesa che il Tribunale accerti l’obbligo del comune di dichiarare soprannumeraria la sede numero 2 o la trasformi in dispensario farmaceutico.

Nel dicembre 2018 il comune completa la revisione della Pianta organica e conferma le due sedi esistenti, con delibera che la farmacista titolare impugna subito davanti al Tar e quindi, bocciato il ricorso, davanti al Consiglio di Stato.

Nella loro sentenza i giudici amministrativi di appello confermano le considerazioni del primo grado. E ripercorrono i tratti salienti delle norme in vigore riguardo alla programmazione territoriale delle farmacie con una panoramica che merita di essere riproposta.

«Il servizio farmaceutico» esordisce il Consiglio di Stato «è sottoposto a una minuziosa regolamentazione, funzionale a garantire la compatibilità del suo esercizio, pur costituente espressione della libertà di iniziativa economica ex articolo 41 della Costituzione, con i plurimi interessi pubblici cui esso è preordinato, tanto che il rapporto tra gestore del servizio e Pa viene inquadrato dalla giurisprudenza prevalente nello schema della concessione di pubblico servizio». Tra i poteri che il legislatore conferisce all’Amministrazione al fine di orientare il servizio farmaceutico «c’è che si manifesta attraverso la programmazione della rete farmaceutica, la quale trova la sua primaria espressione nella determinazione, coerente con i parametri di legge, del numero di esercizi farmaceutici da insediare sul territorio e nella individuazione delle rispettive zone di pertinenza», per assicurare «maggiore accessibilità al servizio farmaceutico, l’equa distribuzione sul territorio e l’accessibilità anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate».

In tale programmazione, continuano i giudici, «il Comune gode di ampia discrezionalità in quanto la scelta conclusiva si basa sul bilanciamento di interessi diversi attinenti alla popolazione, attuale e potenzialmente insediabile, alle vie e ai mezzi di comunicazione, alle particolari esigenze della popolazione, per cui la scelta conclusiva è sindacabile solo sotto il profilo della manifesta illogicità ovvero della inesatta acquisizione al procedimento degli elementi di fatto che sono presupposto della decisione».

La distribuzione sul territorio del servizio farmaceutico, ricorda ancora la sentenza, «è determinata da due principali criteri: demografico (secondo il quale viene prevista una farmacia ogni 3.300 abitanti) e topografico (o della distanza), per soddisfare particolari esigenze di assistenza farmaceutica legate a condizioni. Quest’ultimo criterio può essere applicato esclusivamente nei Comuni con popolazione fino a 12.500 abitanti». Talvolta, tuttavia, le farmacie «sono destinate a far fronte a particolari esigenze dell’assistenza farmaceutica, fondando esclusivamente la loro istituzione sul requisito dell’isolamento topografico del nucleo insediativo rurale e della discontinuità dello stesso dall’agglomerato urbano principale». La zona nelle quali collocarle «deve dunque tener conto della necessità di assicurare un’equa distribuzione sul territorio, tenendo altresì conto dell’esigenza di garantire l’accessibilità del servizio farmaceutico anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate. Cosicché, il limite dei 3.000 metri può avere un temperamento quando occorre assicurare l’erogazione del servizio farmaceutico nell’ambito di una frazione di un Comune di popolazione inferiore ai 5.000 che versa in situazioni ambientali, topografiche e di viabilità che ne impongono l’istituzione. D’altra parte, il parametro di una farmacia ogni 3.300 abitanti è stabilito dalla legge solo ai fini della determinazione del numero complessivo di farmacie spettanti al Comune e non anche per dimensionare con precisione le aree assegnate alle singole sedi farmaceutiche, posto che gli utenti sono sempre liberi di rivolgersi a qualsiasi farmacia, non essendo tenuti a servirsi di quella territorialmente competente secondo la loro residenza».

Ne consegue che «alla realizzazione dell’equa distribuzione concorrono plurimi fattori diversi dal numero di residenti, quali in primo luogo l’individuazione delle maggiori necessità di fruizione del servizio che si avvertono nelle diverse zone del territorio, le correlate valutazioni di situazioni ambientali, topografiche e di viabilità, le distanze tra le diverse farmacie, le quali sono frutto di valutazioni ampiamente discrezionali, come tali inerenti l’area del merito amministrativo».

Secondo il Consiglio di Stato, le delibera del comune di Bardonecchia del 2018 che aggiorna la Pianta organica elenca motivatamente le ragioni che portano a confermare la seconda, con riferimento «non solo al flusso turistico che si incentra in determinati periodi dell’anno, ma anche alle esigenze ordinarie legate all’espansione residenziale del settore ovest dell’abitato».

Non va poi dimenticato, come già detto in apertura, che l’istituto del riassorbimento «trova esclusivamente applicazione per le farmacie urbane, aperte in base al mero criterio della distanza, e non anche alle farmacie rurali istituite in base al criterio topografico». Tale limite, osservano i giudici di appello, «si spiega in ragione della distinzione tra farmacia urbane e in base al criterio discretivo topografico-demografico, per cui sono “rurali” le farmacie situate in “comuni”, “frazioni” o “centri abitativi” con meno di cinquemila abitanti, ovvero in “quartieri periferici” non congiunti, per continuità abitativa, alla città. Sono farmacie urbane quelle situate in comuni o centri abitati con popolazione superiore a 5.000 abitanti, dunque, la mancata previsione legislativa del riassorbimento delle farmacie rurali nella determinazione del numero complessivo delle farmacie stabilito in base alla popolazione trova la propria ratio nella considerazione che le farmacie rurali sono destinate a far fronte a particolari esigenze dell’assistenza farmaceutica locale che prescinde dall’ordinario criterio della popolazione».