Nella ricerca scientifica contro il covid l’Italia è ai primi posti nel mondo con quasi ottomila lavori, dietro soltanto a Usa, Cina e Regno Unito. Senza dimenticare che nel 2021 le domande di brevetti biofarmaceutici presentate all’European patent office dalle aziende del nostro Paese sono cresciute del 30%. E’ quanto ricorda il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi, nella Giornata della ricerca italiana nel mondo, che si è celebrata il 15 aprile scorso. «Grazie alla r&s e a un virtuoso sistema open innovation con collaborazioni e partnership a livello mondiale» spiega Scaccabarozzi in una nota «è stato possibile trasformare in realtà quella speranza di superare al più presto la pandemia».
In questo sforzo, l’Italia ha avuto un ruolo di primo piano e ha dato un contributo fondamentale per la conoscenza del virus e per lo sviluppo di vaccini e cure. «Gli investimenti in r&s nel nostro Paese ammontano a 1,6 miliardi e di questi 700 milioni vanno in studi clinici, che servono ad assicurare cure innovative ai pazienti e benefici importanti per il Servizio sanitario nazionale: ogni euro investito dalle imprese, assicura un vantaggio economico complessivo di 2,77 euro».
Si tratta di traguardi raggiunti in larga parte grazie ai ricercatori delle imprese del farmaco che, ha ricordato Scaccabarozzi «sono per la maggior parte donne: un chiaro segnale che l’innovazione ha bisogno della tenacia e della resilienza proprie del mondo femminile. Innovatrici e innovatori visionari e appassionati, con la creatività tipicamente italiana, che hanno dato molto – e continuano a dare – per la salute dei cittadini di tutto il mondo». Senza ricerca, è la conclusione del presidente di Farmindustria, «non c’è salute e non c’è futuro, è un asset strategico del Paese».