Nel 2022 la spesa farmaceutica convenzionata netta si è attestata attorno agli otto miliardi di euro, in lieve crescita sull’anno precedente (circa 112 milioni) ma sotto di circa mezzo punto sul tetto del 7%. È il bilancio che arriva dall’ultimo report dell’Aifa sulla spesa farmaceutica Ssn, aggiornato con i dati di dicembre e quindi allargato all’intero anno: a fine anno la convenzionata pesa sul Fondo sanitario nazionale per il 6,42% (provvisorio, visto che il riparto ancora non è definitivo), da cui un avanzo (ossia risorse non spese) di oltre 700 milioni di euro. Al contrario, la spesa per acquisti diretti (dd-dpc più ospedaliera) supera nel 2022 i 12,2 miliardi, per uno sfondamento di quasi 2,7 miliardi sul tetto del 7,65%.
Per quanto concerne la convenzionata, sono sette le Regioni che nel 2022 chiudono al di sopra del tetto del 7% (sempre secondo stime provvisorie): gli scostamenti in ogni caso sono marginali e non superano i pochi decimi di punto, mentre risultano assai più cospicue le risorse non spese nella convenzionata dalle Regioni che fanno più distribuzione diretta. Basta vedere i due capi della classifica: la Lombardia ha investito nella distribuzione attraverso le farmacie del territorio il 7,37% della propria quota di Fondo sanitario, Emilia Romagna e Veneto invece appena il 5,11 e il 5,18% (cioè oltre un punto e mezzo in meno sul tetto).
La classifica muta radicalmente se si sommano spesa per acquisti diretti e convenzionata: a parte le Regioni più piccole (Vald d’Aosta e Pa di Trenti e Bolzano), l’unica a rispettare il tetto complessivo del 14,85% è il Veneto (14,64%), quelle che mostrano gli sfondamenti più contenuti Toscana (15,33%) e Lombardia (15,67%). In altri termini, non è la spesa convenzionata la causa principale degli sforamenti delle Regioni sulla farmaceutica. Ma questo le farmacie lo dicono da tempo.