Nell’ultimo decennio la spesa farmaceutica convenzionata è calata in media del 2,1% annuo a causa principalmente delle genericazioni e delle «politiche di incentivazione della distribuzione diretta e per conto» attuate in diverse Regioni. Lo scrive la Ragioneria generale dello Stato nell’ultimo Rapporto sul monitoraggio della spesa sanitari: tra il 2012 e il 2021, dicono i numeri, la spesa farmaceutica convenzionata del Ssn è scesa da 8,9 a 7,4 miliardi di euro, con le contrazioni più importanti nel 2017 (-5,9%) e nel 2020 (-3,8%). Nel primo caso, scrive la Ragioneria, «il decremento è legato ai provvedimenti adottati in corso d’anno relativi al payback farmaceutico», il calo del 2020 invece «è presumibilmente attribuibile al minor ricorso alle farmacie per via delle restrizioni legate all’emergenza epidemiologica da Covid-19».
Il confronto tra Regioni sul peso percentuale della convenzionata rispetto alla spesa sanitaria complessiva mostra difformità rilevanti: in Lombardia l’incidenza cala dal 7,3% del 2012 al 6,3% del 2021. In Emilia Romagna scende nello tesso arco di tempo dal 6,3 al 4,6%, in Veneto dal 6,8 al 4,4%, in Toscana dal 7,1 al 5,1%, in Piemonte dal 7,7 al 5,4%. «L’andamento storico dell’aggregato» scrive ancora la Ragioneria «è legato anche agli strumenti di governance introdotti nel tempo», come «il sistema di monitoraggio delle prescrizioni farmaceutiche attraverso le procedure della ricetta elettronica del Sistema tessera sanitaria».
Disegno diametralmente opposto, invece, il trend della spesa per prodotti farmaceutici, che comprende ospedaliera e distribuzione diretta-dpc. Nel periodo 2012-2021 le uscite sono aumentate da 7,9 a 11,8 miliardi di euro, per un incremento medio annuo del 4,6%. «Il peso percentuale della spesa per i prodotti farmaceutici sulla corrispondente spesa complessiva» si legge nel Rapporto «ha mostrato una continua crescita dal 7,1% del 2012 al 9,9% del 2018, per poi diminuire di un decimo percentuale nel biennio successivo e scendere al 9,3% nel 2021».