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Svizzera, farmacisti in piazza contro i tagli che la remunerazione mista non riesce a evitare

9 Aprile 2019

Titolari elvetici in piazza, ieri a Berna, per protestare contro i progetti del governo che mirano a rivedere al ribasso la remunerazione delle farmacie e introdurre un sistema di prezzi di riferimento per sostenere i generici. Al motto di «Sì alle cure di prossimità», alcune centinaia di farmacisti hanno sfilato nelle vie del centro città per poi raccogliersi davanti al parlamento della confederazione, e gettare in un cassonetto della spazzatura una grande croce verde. In concomitanza, i manifestanti hanno promosso una petizione tra i cittadini intitolata «Ben curato, anche domani» a sostegno della farmacia e della sua sostenibilità, che a fine giornata aveva raccolto più di 13mila firme.

I problemi economici lamentati dai farmacisti svizzeri nel corso della manifestazione rappresentano un utile fonte di riflessioni per i loro colleghi italiani, che in questi mesi stanno valutando pro e contro di un eventuale passaggio alla remunerazione mista già adottata dagli svizzeri quasi vent’anni fa. La prima evidenza riguarda il livello di protezione che assicura tale sistema: come dimostrano le proteste elvetiche, non è vero che una remunerazione sganciata in buona parte dal prezzo dei medicinali mette del tutto al sicuro gli utili delle farmacie.

Conferma il confronto in atto tra governo e farmacisti svizzeri: la convenzione che regola il sistema di margini, quote fisse e onorari professionali che retribuiscono i titolari (Rbp IV, ossia la quarta revisione della Remunerazione basata sulle prestazioni, vedi sotto) è in scadenza e il Consiglio federale sta discutendo dei contenuti del quinto aggiornamento (Rbp V). L’orientamento è quello di approfittare della revisione per rivedere al ribasso la retribuzione, Pharmasuisse (il sindacato delle farmacie svizzere) ha invece presentato una proposta diretta a incrementare i fatturati mediante la semplificazione delle fasce e l’incremento della quota fissa a 12 franchi per i farmaci con prezzo fino a 250 franchi e a 24 per quello fino a 3.070 franchi. L’obiettivo è correggere un sistema misto che in questi ultimi anni sta mostrando la corda: nel 2016, come riferisce l’ultimo rapporto di Pharmasuisse, l’utile medio prima delle imposte di una farmacia elvetica si è aggirato sul 6,7%, ma un quinto circa degli esercizi ha registrato nell’anno un Ebitda inferiore ai 50mila franchi (circa 45mila euro). E oggi, se passassero i tagli prospettati dal governo, sarebbero costretti a chiudere.

 

 

 

«Ancora non è chiara l’entità dei tagli» spiega a FPress Mario Tanzi, presidente dell’Ordine dei farmacisti ticinese «anche perché sulla Rbp le farmacie hanno due interlocutori, il Consiglio per quanto concerne i margini e le assicurazioni sanitarie per quanto riguarda le prestazioni. I nostri problemi in ogni caso sono consistenti: sui farmaci più cari, che arrivano a costare anche 4 o 5mila franchi, i farmacisti svizzeri percepiscono una remunerazione attorno ai 50 franchi, ricavata soltanto dalla quota fissa e non dal margine. In cambio, acquistiamo immobilizzando capitale e veniamo rimborsati a più di un mese di distanza».