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Tar Lazio: Aifa deve motivare il no all’uscita di un farmaco dal Pht

18 Febbraio 2020

Quando l’Aifa riceve da un’azienda produttrice la richiesta di spostare un suo medicinale dalla distribuzione diretta-dpc alla convenzionata e la respinge, è tenuta a motivare il rifiuto «enunciando le ragioni di tale inopportunità» in maniera «precisa e puntuale». E’ quanto si legge nella sentenza (01973 del 13 febbraio) con cui il Tar Lazio ha annullato il provvedimento dell’Agenzia del farmaco che nel gennaio 2019 aveva negato a Menarini International il passaggio della specialità Ranexa dal Pht al Pfn (Prontuario farmaceutico nazionale).

Nel ricorso con cui ha impugnato il diniego, l’azienda toscana ricorda che attualmente il farmaco può essere prescritto dai medici di medicina generale senza più l’obbligo della ricetta specialistica su Piano terapeutico, rimosso dall’Agenzia nel 2015 una volta «preso atto della consolidata esperienza d’uso» maturata dal medicinale. Di conseguenza, è la tesi di Menarini, l’Aifa avrebbe dovuto accogliere la richiesta presentata dall’azienda nel 2018 con l’obiettivo di portare il Ranexa nella distribuzione convenzionata: l’erogazione in modalità dd-dpc, infatti, può riguardare soltanto i medicinali «per i quali ricorrono le condizioni della diagnostica differenziale, della criticità terapeutica e del controllo periodico da parte della struttura specialistica». Quando un farmaco viene «affidato alla gestione ordinaria del mmg», dunque, decade la necessità di un «controllo periodico da parte della struttura e del medico specialista» e dunque non c’è più motivo perché il medicinale rimanga nel Pht.

Di avviso opposto i giudici laziali: modalità di prescrizione del farmaco e collocazione nel Pht o nel Pfn «non implicano che non possa ravvisarsi la perdurante esigenza di un periodico follow up dei pazienti in trattamento presso la struttura specialista/ospedaliera». Tuttavia (ed è la buona notizia, anche per le farmacie) il Tar Lazio accoglie il ricorso di Menarini nella parte in cui accusa il provvedimento dell’Aifa di eccesso di potere, illogicità e contraddittorietà. Per il Tribunale, infatti, alla documentata (con un dossier di oltre 50 pagine) richiesta dell’azienda di escludere il Ranexa dal Pht, l’Agenzia avrebbe dovuto rispondere in modo circostanziato; invece, il provvedimento del gennaio2019 (e le pronunce della Commissione tecnico-scientifica da cui da cui deriva) non prendono in alcuna considerazione le evidenze scientifiche addotte da Menarini ma si limitano a «ritenere coerente la permanenza del medicinale all’interno del Pht».

Non basta, è insomma la tesi dei giudici laziali, che la Cts confermi il regime distributivo in dd-dpc facendo genericamente riferimento «alla criticità terapeutica e alla necessità di un controllo dell’appropriatezza e di un monitoraggio del profilo di beneficio/rischio». Occorre invece che «siano enunciate le ragioni di tale inopportunità» in maniera «precisa e puntuale». Anche perché, ricorda la sentenza, soltanto l’esigenza di un «monitoraggio periodicamente programmato» giustifica il «disagio» (è la parola utilizzata nella sentenza) arrecato al paziente dalla necessità di «doversi comunque recare presso la struttura».