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Vaccini covid, approvato il Piano strategico: farmacie e filiera al momento fuori

18 Dicembre 2020

Farmacie del territorio fuori dalla campagna vaccinale contro covid che l’Italia – ormai è ufficiale – farà partire dal 27 dicembre in contemporanea con gli altri Paesi Ue. E’ quanto si deduce dal Piano strategico approvato ieri dalla Conferenza Stato-Regioni (e pubblicato da Quotidiano Sanità): nonostante il commissario Arcuri avesse parlato nelle settimane scorse di un possibile coinvolgimento delle farmacie nella fase “matura” della somministrazione, il documento licenziato dai presidenti delle Regioni non conferma l’opzione ma scrive che «con l’aumentare della disponibilità di vaccini a livello territoriale, potranno essere realizzate campagne su larga scala» basate su un modello organizzativo che includerà «ambulatori vaccinali territoriali, medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, sanità militare e medici competenti delle aziende». Sulle farmacie nessun cenno, anche se ovviamente non possono essere esclusi recuperi in corso d’opera.

Ma c’è di più: il Piano strategico sembra anche escludere dalla distribuzione dei vaccini contro covid l’intera filiera logistica del farmaco, non solo nel caso del prodotto Pfizer-BioNTech – che richiede temperature di conservazione estreme – ma anche in quello dei vaccini che si “accontentano” del normale range 2-8°C. Le forniture del primo, si legge nel documento, «verranno consegnate direttamente dall’azienda produttrice ai 300 punti vaccinali che sono stati condivisi con le Regioni e le Province autonome»; quelli che richiedono una catena del freddo standard, invece, saranno distribuiti «con il coinvolgimento delle Forza armate, che in accordo con il commissario straordinario stanno già pianificando vettori, modalità e logistica».

Tutto da decifrare, infine, il paragrafo relativo alle categorie cui verrà data priorità nella vaccinazione: il Piano, infatti, parla di operatori sanitari e sociosanitari (1,4 milioni di persone) personale e ospiti delle Rsa (570mila) e over80 (4,4 milioni). E riguardo al primo gruppo, specifica che rientrano in tale scaglione gli operatori «pubblici e privati accreditati che hanno un rischio più elevato di essere esposti all’infezione».

I farmacisti del territorio parrebbero entrare a pieno titolo nella definizione, ma a quanto pare non tutte le Regioni condividono: la Toscana, come FPress ha già riportato l’altro ieri, non li ha inclusi tra le categorie cui è stata chiesta di segnalare la disponibilità a vaccinarsi (la profilassi non è obbligatoria); stesso discorso per l’Emilia Romagna, che in una nota diffusa ieri ha fatto sapere le sue priorità: sarà vaccinato per primo «tutto il personale degli ospedali, pubblici e privati, dei presidi socio-sanitari territoriali, dai sanitari ai tecnici, agli amministrativi, nonché i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta; i volontari e i dipendenti delle associazioni e delle attività di emergenza di trasporto sociale; tutto il mondo delle strutture residenziali per anziani, operatori e ospiti». Altre Regioni invece, come il Lazio, hanno invece cominciato a sondare i farmacisti del territorio per raccogliere le prenotazioni. Si dirà che è il federalismo, ma in tema di vaccini le differenze tra regioni non dovrebbero essere consentite: come recita il protocollo Sage dell’Oms (citato anche nel Piano strategico approvato dalla Stato-Regioni) tra i criteri che dovrebbe soddisfare una campagna vaccinale c’è l’eguaglianza delle condizioni a livello nazionale: pure in una somministrazione scaglionata per priorità, sarebbe necessario «assicurare eguaglianza di accesso a tutti coloro i quali appartengono allo stesso gruppo prioritario, in particolare le popolazioni svantaggiate».