Provi l’Anci a convincere le Regioni perché incrementino la quota di vaccini da trasferire alle farmacie. E’ il senso della lettera inviata ieri all’associazione nazionale dei comuni italiani dal presidente delle municipalizzate, Venanzio Gizzi: «A seguito di una richiesta del ministero della Salute originata da una nostra specifica istanza» si legge «la Conferenza delle Regioni concederà alle farmacie territoriali circa 250.000 dosi per la vendita ai cittadini esclusi da categorie a rischio».
Si tratta, spiega Gizzi, «di una quantità del tutto insufficiente e addirittura risibile in un autunno del tutto straordinario come questo». E’ evidente che l’offerta non basterà assolutamente a coprire la domanda, con forti rischi non solo per la salute dei privati cittadini ma anche per la produttività del Paese: «Negli anni passati» sottolinea il presidente di Assofarm «buona parte delle nostre disponibilità è stata acquistata dalle aziende private, che nel vaccino antinfluenzale vedevano un mezzo per contenere le assenze da malattia dei dipendenti».
Ma la preoccupazione delle farmacie pubbliche si allarga anche alla distribuzione dei vaccini in regime rimborsato. «Perché il vaccino abbia effetto deve essere somministrato entro il mese di ottobre» avverte Gizzi «e francamente è impensabile che i medici di medicina generale possano reggere tale carico di impegno in poche settimane. Stesso discorso per il personale dei servizi sanitari regionali, che è ancora impegnato nelle attività di contact tracing e di screening».
Diventa allora urgente valutare «un coinvolgimento diretto e attivo del farmacista. Stiamo parlando» ricorda Gizzi «di una pratica sanitaria sempre più diffusa nel mondo. Una recente ricerca della Fip ha calcolato che negli ultimi quattro anni i Paesi dov’è autorizzata la vaccinazione in farmacia sono saliti da 20 a 36. Oggi, in tutto il mondo, quasi 1,8 miliardi di persone hanno la possibilità di rivolgersi alla loro farmacia di fiducia per proteggersi contro le principali malattie infettive».
In queste settimane, rimarca il presidente di Assofarm «al fronte di chi è favorevole alla somministrazione dei vaccini in farmacia si sono aggiunti scienziati e rappresentanti di diverse sigle sanitarie, esponenti politici e addirittura medici. A mancare però, alla fine, è stata la capacità di incidere sulle istituzioni regionali». Assofarm, quindi, «auspica un interessamento diretto» dell’Anci nei confronti della Conferenza delle Regioni, perché alle farmacie sia consentito di dare il proprio contributo «alla diffusione vaccinale».