No, non saranno gli importatori – ma più probabilmente le stesse aziende produttrici – a trasferire nel nostro Paese il milione circa di vaccini antinfluenzali che servono ai farmacisti del territorio per rispondere alla domanda privata. E’ quanto rivela a FPress l’Aiip, Associazione italiana importatori paralleli, mentre il ministro della Salute, Roberto Speranza, afferma in un’intervista a Quotidiano Nazionale che «con le farmacie stiamo lavorando in queste ore nella direzione giusta per aumentare il numero delle dosi disponibili nei loro esercizi».
Già, ma quali sono i canali che assicureranno le forniture? L’altro ieri il presidente nazionale di Federfarma, Marco Cossolo, aveva affermato che «saranno gli importatori a contattare i produttori esteri e presentare all’Aifa il dossier per l’autorizzazione». All’Aiip . «E in ogni caso» osservano «i vaccini sono esclusi dalle normali importazioni parallele. Serve un altro iter autorizzativo e a importare può essere soltanto l’azienda che li produce, almeno per quanto riguarda il mercato Ue».
A conferma c’è la determina con cui, soltanto un paio di settimane fa, l’Aifa aveva autorizzato l’importazione di un vaccino pneumococcico soggetto a carenza: il Paese di origine è l’Olanda (anche se le confezioni sono state rietichettate in portoghese per un’altra esportazione) e l’autorizzazione è alla filiale italiana dell’azienda che produce il vaccino nei Paesi Bassi, Msd.
E’ il tipo di procedura su cui si starebbe ragionando anche per l’antinfluenzale (in fondo, se le farmacie sono rimaste quasi a secco è proprio per una carenza), ma ci sono diversi nodi da sciogliere. Innanzitutto questo genere di importazione ha per destinatario finale i servizi sanitari regionali o le Asl, che acquistano dal distributore italiano dov’è stata stoccata la fornitura (nel caso specifico, Dhl). Non è prevista la distribuzione alla filiera grossisti-farmacie, un’eventualità peraltro che alle industrie italiane non piace per il solito timore dell’export parallelo. La soluzione potrebbe essere quella di instradare le dosi importate nel canale della dpc, un’ipotesi già presa in considerazione da Ministero e Regioni, ma in questo caso a non essere entusiaste sono le farmacie.
C’è poi un dilemma “politico”: covid sta tornando in diversi Paesi Ue con intensità molto maggiore dell’Italia (il Regno Unito ha ripristinato il lockdown in tre città, la Francia valuta), probabile quindi che i Governi europei si tengano ben stretti i loro vaccini. Resta l’importazione da uno Stato extra-Ue – il nome che più circola in queste ore, come FPress ha già riportato nei giorni scorsi, è quello della Cina – ma in questo caso si esce dall’area “Ema” (l’Agenzia europea del farmaco) e quindi vengono a mancare procedura di registrazione centralizzata e mutuo riconoscimento. In altre parole, per ogni vaccino andranno presentati dossier e avviate procedure autorizzative. Con tempi che rischiano di allungarsi non poco, a meno che non vengano introdotte deroghe o percorsi accelerati.