Le farmacie non si scoraggino, ci sono ancora diverse opzioni nel cassetto per incrementare ben oltre le 250mila dosi promesse dalle Regioni la fornitura di vaccini antinfluenzali da destinare all’acquisto privato. Opzioni che il dicastero della Salute approfondirà nei giorni a venire per poi tornare a confrontarsi con le organizzazioni di categoria. Questo, in sintesi, ciò che si sono sentiti dire Federfarma, Fofi e Assofarm al termine dell’incontro che ieri le ha rimesse attorno a un tavolo (per la terza volta) per discutere dell’ormai imminente campagna vaccinale. Si sarebbe dovuto discutere delle soluzioni tecniche con cui assicurare il “ristorno” alle farmacie delle forniture messe a disposizione dalle Regioni con l’intesa del 14 settembre, di fatto sindacati e ordine hanno ribadito la preoccupante insufficienza di tale stanziamento (in media, meno di 13 dosi a farmacia).
Il Ministero ha invitato ad avere fiducia e ha spiegato di riporre buone speranze nella possibilità di importare dall’estero i quantitativi mancanti, ma intanto fa discutere linea “moderata” con cui il Ministero ha trattato di fronte alle Regioni nell’incontro di lunedì scorso. Rivela tutto il promemoria redatto dallo stesso dicastero (per essere precisi, dalla Direzione generale della prevenzione) in vista della seduta: nel documento, pubblicato ieri da Quotidiano Sanità, i tecnici della Salute ricordano che nelle campagne precedenti si sono sempre registrati avanzi (cioè dosi non somministrate) pari al 5-10% dei vaccini acquistati. A sorpresa però, due pagine dopo lo stesso testo propone che le Regioni ridistribuiscano alle farmacie almeno l’1,5% dei loro ordini, una richiesta che – come si è visto – i governatori hanno accolto di buon grado. L’idea delle 250mila dosi, in sostanza, non arriva dai governi regionali ma viene fuori direttamente dal cilindro del Ministero. Che dopo avere insistito per tutta la primavera-estate perché gli assessorati lanciassero campagne antinfluenzali estese come mai prima, non se l’è sentita di contraddirsi e chiedere la “retrocessione” di una parte delle dosi ordinate.
Ma c’è di più: nel documento, la Direzione generale prevenzione ipotizza anche le soluzioni tecniche con cui procedere alla ridistribuzione: «La vendita dei vaccini da parte dei farmacisti» si legge «può essere inquadrata in due distinte fattispecie, che rimettiamo alla valutazione della Conferenza delle Regioni e/o alle singole Regioni, tenendo conto dell’efficacia del sistema di distribuzione e delle eventuali difficoltà tecniche nell’attivarlo in tempi brevi: la distribuzione per conto (dpc) oppure una interazione diretta tra farmacisti e industria farmaceutica, conseguente alla rinuncia da parte delle Regioni di una quota parte della fornitura prevista». Sulla seconda opzione, i produttori hanno già espresso ieri le loro perplessità.