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Varato il Def, farmaci nel mirino e le aziende Usa chiedono stabilità normativa

10 Aprile 2019

 

La spesa farmaceutica pubblica – assieme a quella per i dispositivi – rimane la pecora da tosare per tenere in piedi i conti del Servizio sanitario nazionale. Questa almeno è l’impressione che si ricava a leggere le bozze del Def (il Documento di economia e finanza) messe ieri sotto esame dal Consiglio dei Ministri: pare eloquente, in particolare, il testo provvisorio del Piano nazionale riforme (uno dei documenti accessori al Def) nella versione anticipata ieri da Quotidiano Sanità: «Rispetto alla governance della spesa sanitaria» si legge nel capitolo relativo al Ssn «è stato istituito il Tavolo tecnico di lavoro sui farmaci e i dispositivi medici», che oltre a «individuare adeguate soluzioni dei contenziosi in essere» sul payback (il ripiano del disavanzo farmaceutico da parte delle aziende produttrici) lavorerà anche «all’adeguamento dei criteri per la contrattazione del prezzo dei farmaci, al fine di renderli aderenti agli attuali livelli di innovazione del mercato».

La disposizione non è una novità e rientra nel piano per la governance farmaceutica che il ministero della Salute aveva presentato a dicembre. L’obiettivo, aveva detto il ministro Grillo, è quello di risparmiare un paio di miliardi sulla spesa farmaceutica pubblica, attraverso la revisione dei prezzi di diverse categorie di farmaci e soprattutto l’organizzazione di gare di acquisto regionali per equivalenza terapeutica, cioè in concorrenza tra principi attivi differenti. E’ vero che finora di quel piano si è visto poco (soltanto un intervento sui Nao da parte dell’Aifa attraverso la rinegoziazione dei prezzi con le aziende produttrici), ma è altrettanto vero che per la sua applicazione va prima rinnovato il Patto per la Salute tra Governo e Regioni, al momento in stand by in attesa che i rapporti tra ministro Grillo e governatori tornino sereni.

Resta comunque il fatto che nei programmi del Governo farmaci e dispositivi sembrano le sole vittime sacrificali da immolare sull’altare dei conti. In tema di personale sanitario, gli interventi previsti riguardano assunzioni e stabilizzazioni (con inevitabili effetti sulla spesa), mentre a proposito di Livelli essenziali di assistenza (Lea), il Ministero «sta predisponendo un intervento normativo in materia di fabbisogni delle risorse umane del Ssn e di accesso della professione medica al Ssn», senza dimenticare che «la Legge di Bilancio per il 2019 prevede l’incremento delle risorse destinate ai contratti di formazione medico-specialistica per 330 milioni nel quinquennio 2019-2023». A proposito di Piano Nazionale delle Cronicità, infine, «il Governo intende varare un regolamento per individuare gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza territoriale».

Inevitabile, allora, che dall’Italian-american pharmaceutical group, l’associazione che rappresenta le industrie farmaceutiche in Italia, arrivino forti preoccupazioni sugli investimenti nel Bel Paese: in un recente convegno organizzato a Roma in collaborazione con l’Ambasciata degli Stati Uniti e l’American Chamber of Commerce, il rappresentante degli Usa in Italia Lewis Eisenberg ha ricordato quanto sia importante per le aziende estere «un contesto regolatorio e lavorativo fortemente basato sulla trasparenza e sulla certezza delle regole», mentre il presidente dell’Iapg, Fabrizio Greco, ha avvertito sui rischi derivanti da «approcci esclusivamente economicistici che promuovano un’equivalenza terapeutica non basata su criteri scientifici».