Torna il blocco dei pignoramenti a beneficio di Asl e aziende ospedaliere del Ssn contro le azioni esecutive avviate dai loro fornitori (farmacie comprese) per recuperare i propri crediti. A riproporlo l’articolo 126 del decreto Rilancio, approvato ieri pomeriggio in Consiglio dei ministri una volta trovata l’intesa tra le forze di maggioranza sulla regolarizzazione dei migranti: «Al fine di far fronte alle esigenze straordinarie e urgenti derivanti dalla diffusione del covid-19, nonché per assicurare al Ssn la liquidità necessaria allo svolgimento delle attività legate alla citata emergenza» recita il comma 4 nella versione del decreto entrata in Consiglio dei ministri «non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive». Inoltre, fino al 31 dicembre «le prenotazioni a debito e i pignoramenti» disposti prima dell’entrata in vigore del decreto «non producono effetti da tale data e non vincolano gli enti del Servizio sanitario regionale e i tesorieri».
Di fatto è un “déjà vu”: l’impignorabilità delle risorse di Asl e ospedali venne già introdotta dalla Legge 220/2010, ossia la Manovra finanziaria per il 2011, e fu cancellata soltanto nel 2013, da una sentenza della Corte costituzionale. Gli effetti di quel provvedimento ricaddero anche sulle farmacie, che ai tempi vantavano crediti consistenti nei confronti delle Asl per i mancati pagamenti delle dcr. Oggi le dilazioni si sono sensibilmente contratte in quasi tutte le Regioni, ma il blocco delle azioni esecutive potrebbe indurre in tentazione le aziende sanitarie che oggi fanno più fatica a rispettare la regolarità dei pagamenti.
Il testo entrato in Consiglio dei ministri conferma inoltre le disposizioni sull’iva per mascherine e dpi: l’articolo 130 bis (era il 134 nella bozza precedente) riduce al 5% l’aliquota iva su un lungo elenco di prodotti sanitari e non, che comprende mascherine chirurgiche, mascherine ffp2 e ffp3, termometri, detergenti disinfettanti per mani, dispenser a muro per disinfettanti, soluzioni idroalcoliche in litri eccetera. Il comma 2, in aggiunta, accorda fino al 31 dicembre alle cessioni di tali beni l’esenzione totale dall’iva, «con diritto alla detrazione dell’imposta pagata sugli acquisti e sulle importazioni» (ma prima, ovviamente, occorrerà attendere la pubblicazione del testo in Gazzetta ufficiale).
Non c’è più traccia, invece, dell’articolo 47 che, nella prima bozza, allargava l’elenco dei dispositivi soggetti a prezzo massimo di vendita (mascherine, ffp comprese, dpi vari e igienizzanti/disinfettanti). Il testo entrato in Consiglio dei ministri (e anticipato ieri dal Corriere della Sera) “salta” dall’articolo 46 al 48, come se il 47 fosse stato stralciato soltanto in zona Cesarini. Peraltro il commissario per l’emergenza Covid, Domenico Arcuri, un avvertimento l’altro ieri l’aveva dato: «Il prezzo delle mascherine è e resterà 0,61 euro al pezzo» aveva detto in conferenza stampa «tutti se ne facciano una ragione».
Restano confermati, infine, gli altri provvedimenti del decreto d’interesse diretto per le farmacie: il potenziamento delle cure territoriali (con uno stanziamento integrativo di 10 milioni di euro abeneficio dei medici di famiglia per il finanziamento del personale infermieristico); la proroga da 30 a 60 giorni delle ricette limitative (rrl e rnrl) per i farmaci di fascia A (convenzionata e dpc) e A-Pht; la proroga dei piani terapeutici (inclusa la fornitura di ausili, dispositivi monouso e altri dispositivi protesici); l’estensione del Fondo di solidarietà per i familiari delle vittime di covid-19 a tutti gli esercenti le professioni sanitarie (articolo 12).