Per le farmacie si preannuncia un’estate intensa sul fronte della negoziazione sindacale con la parte pubblica: non solo si riapre all’Aifa il tavolo sulla riforma della remunerazione (oggi il primo incontro, al quale dovrebbero essere presenti anche Regioni e Ministeri), ma sembra anche rimettersi in moto la trattativa con la Sisac sul rinnovo della Convenzione, avviata quasi un anno fa con la trasmissione dell’atto d’indirizzo da parte del Comitato di settore-Sanità delle Regioni (era il 28 luglio). Nei giorni scorsi, infatti, la stessa Sisac ha inviato ai due sindacati delle farmacie pubbliche e private (Assofarm e Federfarma) la bozza di un’ipotesi di accordo che da qui in avanti dovrebbe fare da piattaforma per la prosecuzione del confronto negoziale. Non risulta che siano già stati calendarizzati nuovi incontri, ma la trasmissione della bozza basta comunque a ridare corrente a un tavolo che ha soltanto tre sedute all’attivo (compresa la riunione di insediamento) e non si riunisce più dal novembre scorso.
Certo c’è da capire se per le farmacie la ripartenza impressa dalla piattaforma della Sisac è in salita o in discesa. E a sfogliare la bozza, la seconda ipotesi appare meno verosimile della prima. Troppe le condizioni che le farmacie difficilmente potranno digerire. In tema di commissioni farmaceutiche aziendali, per esempio, la bozza di accordo propone che la presidenza sia assegnata a uno dei componenti di nomina aziendale anziché a un farmacista titolare, come accade oggi, e sarebbe una novità “pesante” perché in caso di parità il voto del presidente vale doppio. Decisamente peggiorative (per le farmacie) anche le proposte in materia di acconto d’inizio anno: verrebbe erogato soltanto il 30% di un dodicesimo del corrispettivo Ssn realizzato nell’anno precedente, che salirebbe al 70% in caso di farmacia rurale. E non piacerà di certo neanche la disposizione che, sempre in materia di pagamenti, esclude la corresponsione di altri interessi tranne quelli legali in caso di ritardi nei rimborsi (una misura che pare contraddire persino le direttive europee). Difficilmente digeribile, poi, anche quel passaggio che promette di quantificare la dotazione minima di personale che le farmacie devono osservare in relazione al loro fatturato Ssn
Saranno tutte da vagliare, invece, le proposte della Sisac in materia di farmacia dei servizi. La bozza parla di assistenza domiciliare integrativa (nella sede di pertinenza della farmacia, cosa che dovrebbe preservare la Pianta organica), dispensazione a domicilio di antidolorifici e miscele per la nutrizione artificiale, servizi professionali con infermieri, fisioterapisti e altri operatori (anche a domicilio), servizi di prevenzione ed educazione sanitaria, prestazioni analitiche di prima istanza (autodiagnosi), Cup e altro ancora. Ma fissa anche requisiti severi a carico delle farmacie: nel caso delle prestazioni analitiche di prima istanza e dei servizi professionali di infermieri e fisioterapisti, per esempio, si chiede uno spazio dedicato di almeno 9 o 12 mq (per il fisioterapista, in quest’ultimo caso), eventuali arredi (lettino, poltrona eccetera), servizi igienici per disabili e dotazioni minime per la gestione delle emergenze. Le farmacie più piccole, in altri termini, rischiano di essere tagliate fuori.
E la remunerazione? E’ demandata alle Regioni, che per definire i compensi dovranno tenere conto, per ogni singolo servizio, del tempo di esecuzione delle prestazioni, del personale e dei materiali di consumo impiegati e dei costi di struttura. I soldi, invece, arriveranno dal dirottamento della trattenuta dello 0,02% sulla spesa farmaceutica lorda (che le farmacie versano per finanziare le commissioni aziendali) e della trattenuta dello 0,15% (sulla spesa sostenuta dal Ssn nel 1986) che le Asl inviano annualmente all’Enpaf. In più, ovviamente, c’è la sperimentazione della farmacia dei servizi varata in nove regioni dalla Legge di stabilità per il 2018.
Interessante, infine, anche ciò che la bozza dice a proposito di distribuzione diretta. Anzi, ciò che non dice: a parte qualche sbrigativo accenno, infatti, nell’ipotesi di accordo manca del tutto una proposta per l’armonizzazione della dpc. Probabilmente, nella parte pubblica ha prevalso la linea di chi vuole che distribuzione diretta e per conto rimangano temi di esclusiva competenza locale.