Spesa farmaceutica convenzionata pressoché stabile anche al traguardo degli otto mesi: certifica l’Aifa, che nell’ultimo report riferisce di una perdita di appena lo 0,5% nel periodo gennaio agosto, persino in leggerissima contrazione rispetto alla rilevazione di luglio (-0,6%). La spesa del Ssn per farmaci distribuiti dalle farmacie del territorio, così, si attesta a fine agosto a 5,2 miliardi di euro, in calo di 28,5 milioni rispetto ai primi otto mesi del 2018. In calo con le stesse percentuali anche le ricette (384,3 milioni, -0,6%), e il gettito da ticket (-0,6%), mentre crescono i farmaci dispensati (+1% in dosi definite die).
L’andamento della spesa farmaceutica convenzionata mostra come sempre forti differenze a livello regionale: Emilia Romagna e Lombardia mostrano i tassi di crescita più forti (+2,2 e +1,6% rispettivamente), Abruzzo e Sardegna i decrementi maggiori (-8,9 e -4,6%).
Mostra una contrazione ben più cospicua la spesa del Ssn per la distribuzione diretta-dpc: sugli otto mesi le uscite ammontano a poco meno di 3 miliardi di euro, per una differenza del -3,8% rispetto allo stesso periodo del 2018. Anche in questo caso, tuttavia, le medie regionali mostrano valori nettamente divergenti: in Molise e Abruzzo la spesa cresce del 15,6 e del 9,6% rispettivamente, in Sardegna e Liguria cala del 13,9 e del 13%.
Sempre più preoccupante, infine, lo sfondamento della spesa per acquisti diretti, ossia la sommatoria di ospedaliera e dd-dpc: nei primi otto mesi dell’anno le uscite superano di poco i 7 miliardi di euro, quasi due in più rispetto al budget programmato. Resta saldamente al di sotto del proprio budget, invece, la spesa farmaceutica convenzionata, che negli otto mesi lascia nelle casse del Ssn circa 564 milioni di euro.
Sono numeri da tenere sott’occhio, perché legittimano le valutazioni espresse l’altro ieri dal ministro della Salute, Roberto Speranza, in un’intervista al Sole 24 Ore: «L’industria farmaceutica segnala da tempo forti distorsioni nei tetti della farmaceutica» ha detto il Ministro «questo modello va radicalmente ripensato. Dobbiamo riequilibrare i due tetti nel più breve tempo possibile, va trovato il veicolo normativo giusto e ci sto lavorando. E va ripensato il sistema del payback, che come è oggi a me appare surreale».
Ieri, invece, è stato il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi, a toccare l’argomento, in un’intervista a Quotidiano Sanità: «Il ministro della Salute ha espresso un punto di vista che apprezziamo» ha detto Scaccabarozzi «speriamo che nei primi 6 mesi del nuovo anno si trovi un meccanismo per riparametrare la spesa farmaceutica e allocare le risorse in modo adeguato, e che si lavori per una nuova governance del settore».
La convergenza tra Ministro e industriali – ancora tutta da verificare nei fatti, ovviamente – deve preoccupare non poco le farmacie: dietro alla formula “riequilibrio dei tetti”, infatti, si nascondo piani diretti a spostare gli avanzi di budget della convenzionata nella spesa per acquisti diretti, al fine di attenuarne il passivo. Non sono prospettive entusiasmanti per i farmacisti titolari: non solo perché l’operazione contabile fagociterebbe risorse che Federfarma ha già messo in conto per la riforma della remunerazione, ma anche perché il riequilibrio incentiverebbe alcune Regioni (le solite note) a incrementare la diretta sui farmaci extra-pht, al fine di contenere ulteriormente la spesa convenzionata e ricavare nuove risorse per gli acquisti diretti.
Non è un caso che un paio di settimane fa, al Senato, nel corso dell’esame della Legge di Bilancio per il 2020, sia spuntato all’improvviso un emendamento (a firma Pd) che abbassava il tetto della convenzionata e alzava quello degli acquisti diretti. La proposta è stata accantonata quasi subito e non potrà più tornare (alla Camera la Manovra dovrebbe essere votata senza modifiche), però l’emendamento ha comunque dato un segnale. Ora non resta che vedere se il Ministro lo raccoglierà.