Nell’ultimo anno un italiano su tre ha dovuto fare i conti con l’indisponibilità di un farmaco, causata da un aumento della domanda oppure da problemi nella fornitura del principio attivo. E nell’87% dei casi, il problema riguardava un prodotto con prescrizione medica. A rivelarlo la nuova indagine di Altroconsumo che replica un’analoga inchiesta risalente al 2021: nel 2023, riferisce l’associazione, le irreperibilità hanno riguardato farmaci molto diffusi come analgesici e antidolorifici (nel 15% dei casi) così come antibiotici e antivirali (7%). Ma sono mancati anche medicinali per disturbi muscolo-scheletrici, per i problemi a carico del sistema immunitario, cardiovascolare e non solo».
Le conseguenze però possono essere pesanti, specialmente quando non c’è a disposizione un medicinale equivalente. Il 12% dei cittadini, dice l’indagine, non ha trovato soluzioni: né il medicinale richiesto in una nuova farmacia né uno alternativo. Questo significa rinunciare a curarsi. Gli altri hanno optato per un’alternativa mentre il 31% ha preferito aspettare che il farmaco tornasse disponibile presso la farmacia dove l’aveva richiesto.
Risultano però peggiorati i tempi di attesa, che vanno da meno di quattro giorni (per il 63% delle persone) a 4-7 giorni (per il 20%) fino ad arrivare a oltre una settimana nel 17% dei casi. Qualche anno fa solo l’8% dei cittadini aveva dovuto aspettare oltre 7 giorni. «Inoltre» osserva Altroconsumo «il 12% dei rispondenti non ha potuto ricorrere ad alcuna soluzione, non trovando né il suo farmaco né uno alternativo, che evidentemente non c’era. Semplicemente non si è potuto curare».
Oltre la metà dei cittadini ha dunque avuto problemi dalla mancanza di farmaci, con effetti spesso significativi: ansia e preoccupazione (57%), peggioramento dei sintomi e della malattia (30%), effetti indesiderati dovuti al farmaco sostitutivo (7%) il ricovero (2%).
Attualmente, dice ancora Altroconsumo, sono circa 3.600 i medicinali mancanti in Italia secondo la lista dell’Aifa. Di questi, circa duemila hanno cessato la produzione in modo definitivo o temporaneo e i restanti 1.600 non sono disponibili o lo sono in quantità ridotta, per differenti motivazioni. Ben 760, inoltre, non hanno un equivalente che possa sostituirlo (ma in una recente dichiarazione il presidente dell’Aifa, Robert Giovanni Nisticò, ha detto che quelli senza alternativa non sono più di 325).