Nella riduzione delle vendite di antibiotici veterinari l’Italia fa meglio dell’Europa e in dodici anni contiene i consumi del 57,5% contro una media generale del 53% su un totale di 25 Paesi. È l’indicazione che arriva dal XIII (e ultimo) Rapporto Esvac sulle vendite annuali di antimicrobici a uso veterinario, pubblica dall’Ema nei giorni scorsi e aggiornato al 2022.
Dal 2011 al 2022, rivela in particolare il rapporto (che riguarda il settore degli animali destinati alla produzione alimentare), le vendite sono calate del 76,2% per le cefalosporine di terza e quarta generazione, del 59% per i fluorochinoloni, del 95,9% per i chinoloni e del 98,1% per la polimixina
Dal 2021 al 2022, invece, le vendite di antibiotici in Italia calano del 9,2% rispetto al 4,6% del 2021 (da 173.6 mg/Pcu a 157.5 mg/Pcu, dove Pcu sta per population correction unit e si riferisce a un chilo di popolazione animale trattata). Sempre in Italia, gli antibiotici a uso veterinario più venduti nel 202 appartengono a tre classi: penicilline, tetraciclin e sulfonamidi, che generano rispettivamente il 34,6%, il 22,6% e il 13,8% delle vendite totali. La maggioranza degli antibiotici ad uso veterinario si riferisce alla categoria D (uso prudente) della classificazione Ameg (Antimicrobial advice ad hoc expert group) adottata dall’Agenzia Europea dei Medicinali.