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Carenze, numeri e dinamiche del fenomeno secondo Nomisma

22 Novembre 2023

In 10 anni è scomparso dai mercati europei il 26% dei farmaci equivalenti, il 33% degli antibiotici e il 40% dei farmaci oncologici. Tra i soli antibiotici, sono sparite sedici tipologie in Polonia, undici in Spagna e dieci in Francia. Il conteggio arriva dall’edizione 2023 dell’Osservatorio Nomisma sul sistema dei farmaci generici in Italia, presentato la settimana scorsa a Roma da Egualia. Un intero capitolo della ricerca è dedicato all’ormai annoso problema delle carenze, di cui vengono indagati i motivi principali con dati e retroscena d’indubbio interesse anche per le farmacie.

La tendenza di fondo che rappresenta la causa prima delle maggiori indisponibilità, per cominciare, è data dalla «progressiva globalizzazione delle catene di approvvigionamento» che da un lato ha condotto a una maggiore specializzazione nelle operazioni di produzione ma dall’altro lato «può tramutarsi in una potenziale fonte di vulnerabilità».

Nella produzione di uno specifico farmaco, ricordano infatti i ricercatori di Nomisma, entrano in gioco una serie di componenti provenienti da una lunga catena di approvvigionamento: partendo dall’utilizzo delle materie prime critiche, fondamentali per lo sviluppo dei principi attivi e degli eccipienti, passando per i materiali necessari per la somministrazione dei farmaci e giungendo ai materiali impiegati per il packaging.

Ognuno di questi componenti «richiede competenze tecniche specifiche e processi sofisticati da coniugare con la necessità delle aziende di realizzare economie di scala sufficienti. Per questo motivo, ogni piccolo intoppo che si verifica all’interno del ciclo produttivo può creare un effetto domino negativo che va ad intaccare tutti gli altri componenti, mettendo a rischio, di conseguenza, anche la produzione del medicinale finito». Questo, continua la ricerca, viene maggiormente acuito dalla dipendenza da un’unica fonte o da una singola area geografica, che in periodi storici caratterizzati da instabilità dei mercati può rappresentare una minaccia alla continuità delle forniture, così come avvenuto a partire dallo scoppio della pandemia da covid-19.

È il caso, per esempio, della produzione globale di principi attivi, che in Europa è calata dal 53% del 2000 all’attuale 25%, mentre in Cina risulta in rapido aumento e oggi rappresenta oltre il 20% delle nuove registrazioni. «Questo significativo calo di produzione» scrive Nomisma «ha reso l’Europa fortemente dipendente da altri Paesi, soprattutto Cina e India, che potendo contare su costi operativi e di investimento inferiori del 20-40% rispetto ai Paesi europei forniscono oggi oltre il 56% del fabbisogno produttivo di principi attivi. Se alle materie prime si affiancano anche i prodotti intermedi, questa dipendenza si acuisce ancor di più, raggiungendo una quota pari al 74%».

Nel caso dei generici, a questo fenomeno se n’è sovrapposto un altro:  a partire dalla crisi finanziaria del 2008-2009, la maggior parte dei Paesi europei ha incentrato il proprio modello di sviluppo del mercato dei farmaci generici esclusivamente sul contenimento della spesa sanitaria, attraverso politiche legate alla determinazione dei prezzi. «Per cercare di adattarsi a queste politiche» osserva il rapporto «l’industria dei generici ha dovuto ottimizzare ed efficientare quanto più possibile la propria capacità produttiva, gestendo le fabbriche ai massimi livelli di utilizzo. Ciò costituisce una rilevante problematica, poiché, a fronte di un aumento inaspettato della domanda di medicinali o al verificarsi di criticità con i fornitori, le aziende – non disponendo di capacità di riserva nelle catene di approvvigionamento – non sono in grado di fronteggiare tali circostanze».

A queste che possono essere definite le “cause di fondo” delle carenze che da tempo tormentano la filiera farmaceutica europea, vanno poi aggiunte altre cause “contingenti”, come «il processo di consolidamento che ha coinvolto le aziende»: secondo dati recenti, il 69% dei farmaci generici commercializzati in Europa fa riferimento a meno di due imprese e un ulteriore 9% solamente a tre. Più in dettaglio, il 56% degli antibiotici e il 70% dei farmaci oncologici fa riferimento a meno di due imprese e iIn diverse tipologie di medicinali il numero di aziende che producono e ne commercializzano l’utilizzo è calato drasticamente nell’ordine del 30-40%, lasciando solo un fornitore o due nella maggior parte dei Paesi.

Per invertire l’andamento, una delle soluzioni più caldeggiate dai genericisti è il cosiddetto “reshoring”, ossia la rilocalizzazione della produzione di principi attivi in Europa. Tuttavia, è l’avvertimento che arriva da Nomisma, per farlo e al contempo essere competitivi con le altre aree geografiche «sono necessarie una serie di iniziative dal punto di vista politico, economico e amministrativo». Per cominciare, i governi nazionali in accordo con l’Ue dovrebbero predisporre «importanti investimenti strutturali che mirino all’ammodernamento degli attuali impianti di produzione, oltre alla costruzione di nuovi altamente innovativi e tecnologici, incentivando e premiando una produzione che sia anche rispettosa dell’ambiente e che agevoli il processo della transizione verde». In aggiunta, per supportare questi investimenti economici sarebbe opportuno adottare ed affiancare una normativa specifica che favorisca un accesso agile agli incentivi e alle agevolazioni finanziarie e non finanziare, tali da rendere non più conveniente la delocalizzazione della produzione verso altri Paesi». Ma siamo ancora nel regno delle parole.