Lo si può definite il paradosso del generico: tutte le ricerche dicono che l’inflazione galoppante –a giugno sopra l’8%, un valore che non si vedeva dal 1986 – sta spingendo le famiglie a orientare i loro acquisti su marche e prodotti dal prezzo più basso. Invece, quando si tratta di scegliere un equivalente, optano per la convenienza soprattutto gli abitanti del nord Italia, che preferiscono il generico al branded per non pagare la quota di compartecipazione; al contrario al Sud, dove il potere d’acquisto delle famiglie è solitamente inferiore, la scelta ricade in prevalenza sul farmaco di marca, che costringe l’assistito a rimborsare di tasca propria la differenza di prezzo.
Spinge alla constatazione l’ultimo Report dell’Ufficio studi di Egualia, che tira un bilancio del mercato 2021 degli equivalenti: i generici, dice l’analisi, hanno rappresentato nell’ultimo anno il 22,6% delle vendite complessiva a volumi, quasi alla pari con gli equivalenti branded (24,65%). A valori, invece, i generici equivalenti hanno pesato soltanto per il 14,81% sul giro d’affari complessivo del mercato, contro il 36,76% degli equivalenti branded.
Su un totale di 1,7 miliardi di confezioni di farmaci distribuite in farmacia, i generici-equivalenti hanno rappresentato il 20,1% delle vendite di classe A (il 12,1% a valori) e il 2,2% di classe C (2,5% a valori), con una crescita complessiva dello 0,1% a volumi e dello 0,3% a valori. I generici, in altre parole, hanno risentito della stagnazione che nel 2021 ha caratterizzato l’intero paniere della spesa rimborsata in farmacia, in flessione dello 0,6% a volumi e dello 0,7% a valori sul 2020.
In particolare si registra una flessione delle confezioni relative ai prodotti esclusivi (protetti o senza generico corrispondente) dello 0,1% rispetto allo stesso periodo del 2020 (- 4,8% a valori).
L’incidenza maggiore dei generici-equivalenti sulla spesa convenzionata complessiva si registra nella Provincia di Trento (43,4%), in Lombardia (40,5%) e in Friuli Venezia Giulia (38,2%). In coda invece Basilicata (21%), Calabria (21,2%), Campania (21,5%). Nel 2021, in sintesi, i cittadini hanno versato di tasca propria 1.051 milioni di euro per coprire la differenza di prezzo tra generico ed equivalente branded.
La categoria che vede primeggiare in modo assoluto i generici-equivalenti è quella dei prodotti per la disfunzione erettile, che assorbono il 74,80% del mercato a volumi e il 63,70% della relativa spesa. In classe A resta regina la categoria terapeutica degli inibitori di pompa protonica – l’unica in cui i generici-equivalenti concentrano oltre il cinquanta per cento dei consumi (51,40%) – seguita a stretto giro da ipoglicemizzanti orali (48,50%), Ace-inibitori (45,90%), statine (44,70%) e beta-bloccanti (42,90%). Star della classe C, infine, la categoria dei tranquillanti, dove i generici-equivalenti assorbono il 37,10% del mercato.
Per quanto riguarda la classifica per molecole, primo in classifica il pantoprazolo, che assorbe il 7% a volumi sui consumi in classe A. Seguono due molecole di uso consolidato per il trattamento delle patologie cardiovascolari – il beta bloccante bisoprololo (6%) e l’Ace-inibitore ramipril (5%) – e la metformina, storico farmaco di prima linea per il diabete di Tipo 2 (5%).