In tre anni, dal 2016 al 2018, sono usciti dall’Italia con il canale dell’export parallelo quasi 90 milioni di farmaci, per un valore di oltre 2,2 miliardi di euro (in prezzi al pubblico). Di questi, 18 milioni circa (il 21%) hanno raggiunto la Gran Bretagna; 13,8 milioni (il 15,4%) sono arrivati in Germania; 6,7 milioni (il 7,5%) hanno preso la strada dei Paesi Bassi e sei milioni (il 6,8%) sono atterrati in Israele. E’ la fotografia scattata dall’Aifa nel primo Rapporto Osmed su importazione parallela ed esportazione dei medicinali, presentato ieri a Roma in videoconferenza: «L’Italia» ha ricordato Nicola Magrini, direttore generale dell’Agenzia «rappresenta un mercato ancora giovane, ma l’assetto internazionale è in evoluzione per i cambiamenti normativi in atto e per quelli geopolitici». «Quello delle importazioni parallele è un comparto importante, in espansione» ha aggiunto Francesco Trotta, dirigente del Settore Hta ed economia del farmaco dell’Aifa «su cui abbiamo iniziato a lavorare per utilizzare al massimo i dati che l’Agenzia ha a disposizione. Il mercato del parallel trade è relativamente esiguo, anche perché il flusso delle esportazioni non è mai stato studiato. Ci aspettiamo che rendere disponibili i dati migliorerà la qualità delle analisi per i prossimi anni».
Il Rapporto, come detto, concentra la sua attenzione sul triennio 2016-2018 e disegna una mappa dettagliata dell’export parallelo, il fenomeno che trova forse i farmacisti titolari più sensibili per le ricadute su mancanti e indisponibilità. I farmaci più esportati sono quelli di classe A – rimborsati dal Ssn – che rappresentano il 67,7% del totale; seguono i medicinali di classe C (29,2%) e gli ospedalieri di classe H (3,1%). In prezzi al pubblico, le confezioni di farmaci di classe A esportate nel triennio valgono 1,4 miliardi di euro (il 63,2% del giro d’affari totale), i farmaci di classe C sommano 454 milioni di euro e quelli di classe H 370 milioni di euro (16,5%).
Più della metà delle confezioni esportate, dice ancora il Rapporto, è costituito da farmaci afferenti a tre categorie Atc di primo livello, ovvero cardiologici, sistema nervoso e apparato gastrointestinale e metabolismo. I farmaci cardiologici (Atc C) e del sistema nervoso (Atc N) coprono rispettivamente il 19,5% e il 19,3% del totale delle confezioni esportate, i farmaci dell’apparato gastrointestinale e metabolismo (Atc A) hanno un peso sul totale del 17,6%. Per quanto concerne i cardiovascolari, i principi attivi più soggetti a parallel trade sono furosemide, barnidipina, adrenalina e rosuvastatina. Tra i farmaci Atc N, le molecole più esportate levodopa/carbidopa, tapentadolo, e petidina. Tra i farmaci del gruppo Atc A, invece, tre molecole a basso costo generano quasi un terzo delle esportazioni: calcio gluconato, metoclopramide e atropina.
I grossisti farmaceutici, dice ancora il Rapporto, sono i principali esportatori e da loro è passato nel triennio il 59,9% delle confezioni dirette all’estero. Una altro 30% circa esce direttamente dai produttori e il 10,1% dai depositari. I distributori intermedi, in particolare, esportano in prevalenza farmaci di classe A (79,6%) e farmaci di classe H (47,3%), i produttori sono invece i principali esportatori di farmaci di classe C (73,2%) e di classe H (27,7%). I depositari esportano per il 25% farmaci di classe H e per l’11% farmaci di classe C. Grossisti al primo posto anche per valore delle esportazioni: circa 1,5 miliardi, ossia il 70,2% del mercato totale; seguono i produttori (19,8%) e i depositari (10,0%).