Nel Sud Italia i farmaci generici continuano a non sfondare. È la principale evidenza che emerge dal nuovo report annuale di Egualia, l’associazione dei produttori di equivalenti, anticipato ieri da Il Sole 24 Ore. A vent’anni dalla loro introduzione sul mercato, questi medicinali ancora non riescono a convincere una parte significativa della popolazione italiana: in particolare quella che vive nelle Regioni meridionali, dove i consumi restano nettamente inferiori alla media nazionale.
L’Italia, in generale, occupa i gradini più bassi d’Europa per penetrazione dei generici, ma la frattura Nord-Sud appare sempre più profonda. Secondo i dati che saranno ufficializzati nei prossimi giorni, nel 2024 il cosiddetto “differenziale” – cioè la spesa aggiuntiva a carico dei cittadini per acquistare il farmaco di marca invece dell’equivalente – ha toccato quota 1,034 miliardi di euro, in linea con i valori di sette anni fa. Più della metà di questo importo, 555 milioni, è stato speso al Sud, nonostante sia la parte del Paese dove i redditi sono mediamente più bassi.
I numeri parlano chiaro: un cittadino di Bolzano o Trento ha speso nel 2024 mediamente 11-12 euro in più all’anno per ottenere un farmaco di marca, contro i 20-24 euro spesi da chi vive in Campania, Puglia, Calabria o Sicilia. Se i residenti di queste Regioni – inclusi quelli del Lazio e delle Marche – avessero fatto ricorso agli equivalenti come i lombardi o gli emiliani, avrebbero risparmiato complessivamente 70 milioni di euro.
Il motivo? Ancora una volta, pregiudizi e scarsa fiducia. Secondo quanto riportato da Il Sole 24 Ore, un italiano su tre continua a nutrire dubbi sull’efficacia dei generici, nonostante abbiano identico principio attivo, forma farmaceutica, dosaggio e indicazioni terapeutiche dei corrispettivi di marca. A cambiare sono solo il nome e il packaging. Dubbi che resistono anche a campagne informative pluriennali e all’obbligo per i farmacisti di proporre sempre l’equivalente, lasciando al cittadino la facoltà – a sue spese – di chiedere l’originator.
«La concorrenza generata dagli equivalenti dal 2012 a oggi ha prodotto risparmi per il Ssn superiori ai 6 miliardi di euro» ricorda il presidente di Egualia, Stefano Collatina. «Ssn e cittadini potrebbero ulteriormente beneficiarne se tutte le Regioni incrementassero sia l’uso dei farmaci fuori brevetto che quello dei farmaci equivalenti, per questi ultimi allineandosi almeno alla media Italia, che nel 2024 si è attestata al 31,7% del consumo a volumi e al 28,8% della spesa netta regionale Ssn».
Un allineamento verso l’alto avrebbe un impatto diretto sulla spesa dei cittadini, oltre che sul bilancio pubblico. «Il loro arrivo sul mercato a un prezzo per legge più basso dell’originatore porta al riallineamento al ribasso dei listini, con un benefico effetto concorrenziale» spiega ancora Collatina. «Un vantaggio ancora maggiore potrebbero averlo i cittadini delle Regioni dove la penetrazione degli equivalenti è più ridotta. Se avessero fatto ricorso agli equivalenti come i cittadini lombardi, emiliani, friulani, avrebbero potuto risparmiare quasi 70 milioni di euro di differenziale».
Il dossier è ora sul tavolo del ministro della Salute Orazio Schillaci, che starebbe valutando nuove misure per incentivare il ricorso ai generici e superare quella linea invisibile che da Roma in giù segna un’Italia ancora divisa anche sul fronte dei farmaci.