Il boom degli integratori a base di lattoferrina che sta svuotando gli scaffali delle farmacie? Dietro ci sarebbe soltanto speculazione. L’accusa, pesante, arriva dal settimanale L’Espresso, che ieri ha pubblicato sul caso un servizio dal quale non esce bene quasi nessuno degli attori coinvolti nella vicenda. Per cominciare, i ricercatori dell’università Tor Vergata di Roma che, in collaborazione con alcuni colleghi della Sapienza, hanno condotto una ricerca sugli effetti benefici della proteina: lo studio, accusa la rivista, viaggia sul filo del conflitto d’interessi, perché «a promuoverlo e finanziarlo» sarebbe stata «la ditta napoletana Tdc (Technology Dedicated to Care), in prima linea nel nuovo business».
L’azienda, in particolare, deterrebbe il brevetto dell’apo-lattoferrina in ribosomi, la “variante” sulla quale si è concentrata l’indagine delle due università e che la stessa Tdc avrebbe fornito ai ricercatori. Lo studio, prosegue L’Espresso, viene pubblicata «in sordina» a luglio sul Journal of molecular sciences e nell’articolo gli autori scrivono che i risultati evidenziano «la remissione dei sintomi clinici» dopo il trattamento. A settembre lo studio viene ripreso dalla stampa italiana, sulla base di un comunicato diffuso da Tor Vergata dal titolo «Una risposta contro il covid-19: la glicoproteina lattoferrina». Nel testo, l’università scrive che «le proprietà antivirali e antinfiammatorie della lattoferrina la candidano come molecola ideale per trattare i pazienti covid-19 positivi». In poco tempo, medici di base e pediatri cominciano a consigliarla.
Ci mettono del loro anche alcuni dei ricercatori che hanno partecipato allo studio. Massimo Andreoni, ordinario di Malattie Infettive a Tor Vergata, dichiara il 28 settembre alla testata online Sanità informazione che «somministrando la lattoferrina sia in compresse sia come spray, abbiamo visto che i tempi di eliminazione del virus effettivamente si accorciano». Il professore poi precisa: «Sono dati preliminari e bisogna attendere dati più ampi e definitivi per poterlo affermare con certezza, ma è certamente una questione interessante da approfondire». Di ben altro tenore, continua a raccontare L’Espresso, l’intervista rilasciata all’emittente romana Radio Radio una settimana fa, quando il caso lattoferrina è ormai esploso. «La proteina si compra in farmacia come la vitamina C o qualsiasi altro prodotto» dice Andreoni «quindi non si fanno danni, ma io lo sconsiglio».
Intanto lo studio convince un’altra azienda, con sede in San Marino, a lanciare a sua volta un nuovo integratore a base di lattoferrina. Nella pubblicità, osserva L’Espresso, il prodotto viene definito «l’alleato naturale contro il coronavirus». Pochi giorni dopo però la comunicazione viene bocciata dalla Iap, l’Istituto per l’autotutela pubblicitaria, perché lo slogan «genera erronee aspettative nel consumatore». E viene giudicato «scorretto il riferimento a studi di letteratura scientifica che il pubblico non è in grado di valutare criticamente».
«Ma è sempre stato chiaro che si trattava di valori preliminari» dichiara a L’Espresso la dermatologa Elena Campione, coordinatrice dello studio di Tor Vergata «in casi così i dati vanno ogni volta approfonditi, non sono mai definitivi». Anche Biagio Biancardi, farmacista, fondatore e direttore tecnico della Tdc, ridimensiona il caso. «Ha ragione Burioni» dice al settimanale «non comprate la lattoferrina, non aiuta contro il covid». Quanto al conflitto d’interessi ipotizzato da L’Espresso, Campione contesta: «Le ricerche avvengono così ovunque. Senza guadagnarci un euro. Semplicemente, ci si accorda con le aziende affinché mettano a disposizione il materiale necessario: altro che finanziamenti. E io non ho mai detto di correre in farmacia: a salvarci sarà il vaccino, la lattoferrina al massimo può servire da “scudo”».