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Dal Tar Campania un altro caso di scollamento delle regole causa 124/2017

2 Agosto 2019

Stanno venendo fuori a scoppio ritardato tutte le incongruenze che l’apertura della titolarità al capitale ha generato nella legislazione farmaceutica. Un caso emblematico arriva dalla sentenza (depositata il 19 luglio) con cui il Tar Campania ha respinto il ricorso di un farmacista contro il decreto della Regione che gli negava il trasferimento della titolarità a una società in accomandita. Il caso risale al 2014 e scaturisce dal provvedimento di custodia agli arresti domiciliari emanato a quel tempo dal Gip del Tribunale di Napoli nei confronti del ricorrente (per fatti che non coinvolgevano l’esercizio). All’applicazione della misura, Ordine dei farmacisti e Regione Campania fecero scattare le procedure per la sospensione dall’albo e la chiusura della farmacia, ma il ricorrente rispose trasferendo la titolarità a una sas in cui l’interessato figurava soltanto come socio accomandatario.

Il trasferimento incappò nel diniego della Regione e il farmacista si appellò al Tar, che nella sentenza del 19 luglio ha confermato la legittimità degli atti regionali. Il farmacista, è il ragionamento dei giudici, non poteva figurare in una società proprietaria di farmacia anche se è un semplice socio in accomandita, perché manca il requisito dell’iscrizione all’albo (dal quale era sospeso). La considerazione, avvertono però i giudici, vale per quanto dicevano le norme all’epoca: «Con le modifiche apportate dalla legge 124/2017» scrive il Tar nella sentenza «il possesso del requisito dell’iscrizione all’albo e dell’idoneità previsto dall’articolo 12 della legge 475/68 è necessario per il solo direttore». L’articolo 1 della 362/91, così come modificato dalla Legge sulla concorrenza, proseguono i giudici, afferma infatti che «sono titolari dell’esercizio della farmacia privata le persone fisiche, le società di persone, le società di capitali e le società cooperative a responsabilità limitata».

«Il Tar Campania si guarda bene dal spingersi ancora più in là con le sue considerazioni» commenta Quintino Lombardo, dello Studio Legale Cavallaro Duchi Lombardo e Associati «ma l’interrogativo spunta comunque: se il caso fosse venuto fuori dopo l’entrata in vigore della 124/2017, il diniego della Regione al trasferimento della farmacia sarebbe ancora legittimo, visto che oggi il requisito dell’iscrizione all’albo non è più indispensabile per la titolarità?».

Per Lombardo, in sostanza, «seguendo la linea dei giudici campani, diventa evidente l’effetto attenuante della liberalizzazione sull’efficacia deterrente del sistema sanzionatorio disciplinare: fino a ieri, infatti, la sospensione dall’albo professionale del titolare implicava anche sospensione della possibilità di disporre della farmacia; ma poiché per essere titolari e disporre della farmacia oggi, in sostanza, non è più necessaria una valida iscrizione all’albo, allora la sorte dell’azienda rimane slegata dalle sorti professionali del suo titolare, mentre se l’infortunio professionale riguardasse il direttore, sarà sufficiente sostituire chi subisce una sanzione con un altro soggetto idoneo. E’ il motivo per il quale, nel 2013, la Corte di Giustizia Ue aveva promosso le regole italiane sulla riserva della proprietà della farmacia ai farmacisti iscritti all’albo: per il maggior livello di tutela del servizio, se attribuito esclusivamente a imprenditori/professionisti direttamente esposti anche sotto il profilo deontologico disciplinare».