Il giro di vite impartito dalla legge Lorenzin in materia di esercizio abusivo della professione «impone ai titolari e ai direttori delle farmacie di essere ancora più vigili» ed evitare che la dispensazione dei farmaci, con e senza ricetta, venga affidata «a persone diverse da quelle iscritte all’albo dei farmacisti». E’ la raccomandazione con cui Francesco Cavallaro, esperto di legislazione della farmacia, commenta sul sito IusFarma le nuove sanzioni introdotte da un paio di mesi dalla legge 3/2018 per rafforzare la lotta all’esercizio abusivo della professione. Prima dell’entrata del testo, scrive Cavallaro, il reato era punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da 103 a 516 euro; si trattava di pene «decisamente miti», soprattutto nei casi meno gravi, applicabili «tanto ai diretti responsabili quanto a coloro che consentivano o favorivano tale esercizio», come nel caso del medico odontoiatra che nel proprio studio permette al proprio odontotecnico di valicare le sue competenze.
Le sanzioni introdotte dalla 3/2018, osserva Cavallaro, sono invece di tutt’altro tenore: chi viene sorpreso a esercitare abusivamente la professione rischia la reclusione da sei mesi a tre anni e la multa da 10mila a 50mila euro, più il sequestro delle attrezzature e l’interdizione da uno a tre anni da parte dell’Ordine o registro al quale risulta eventualmente iscritto; colui che invece ha «determinato o diretto l’esercizio abusivo della professione» va incontro alla reclusione da uno a cinque anni e a una multa tra i 15mila e i 75mila euro.
Le disposizioni, osserva peraltro Cavallaro, suscitano qualche perplessità: l’interdizione comminata a chi esercita abusivamente «è una pena accessoria che può essere impartita solamente da un giudice». Quindi «è singolare» che il legislatore ne affidi l’irrogazione all’Ordine, che tra i suoi interventi annovera soltanto «avvertimento, censura, sospensione e radiazione». Poi, continua il legale, c’è «l’asimmetria» tra i due profili, perché l’interdizione è comminata all’abusivo ma non a chi lo ha assecondato. «Resta quindi aperto il dubbio» commenta Cavallaro «se l’interdizione debba o non debba essere impartita, dato che in mancanza di una pena chiaramente stabilita nessuna sanzione è applicabile».
Dubbi a parte, conclude l’esperto, è fuor di dubbio che l’inasprimento delle sanzioni determinato dalla 3/2018 si traduce per i farmacisti titolari in un pressante invito a vigilare ancora più scrupolosamente sul rispetto delle norme. Il che significa, chiarisce Cavallaro, escludere dalla dispensazione del farmaco non solo il personale non laureato, ma anche chi è studente in farmacia o addirittura risulta laureato, ma non ancora iscritto all’albo.