C’è anche l’Italia tra i 24 Paesi dell’Unione ai quali la Commissione europea ha inviato nei giorni scorsi un parere motivato perché recepiscano pienamente le norme comunitarie sul riconoscimento delle qualifiche professionali di farmacisti, medici, infermieri, ostetriche, odontoiatri, veterinari e architetti. Secondo quanto riferisce una nota di Bruxelles, i richiami mossi ai 24 paesi riguardano la persistenza di normative nazionali che contrastano con le indicazioni impartite dalla direttiva 2013/55/Ue. Per quanto concerne l’Italia, in particolare, le obiezioni riguardano la Tessera professionale europea – lo strumento che dovrebbe assicurare la libera circolazione dei professionisti all’interno dell’Ue – e la trasparenza e proporzionalità dei requisiti richiesti dalla nostra legislazione per l’attività dei professionisti provenienti dall’estero.
I contenuti della direttiva erano stati recepiti dal nostro Paese con il Decreto legislativo 15/2016, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 9 febbraio: il provvedimento, in sintesi, autorizza per le professioni interessate dalla 2013/55/Ue una procedura semplificata di riconoscimento dei titoli professionali, che dovrebbe consentire ai farmacisti e agli altri professionisti dell’Unione di praticare nel nostro Paese. A tal fine svolge un ruolo fondamentale la Tessera professionale europea, un certificato elettronico che tiene traccia delle qualifiche e delle specializzazioni del professionista così come di eventuali sanzioni ordinistiche.
Per la Commissione, come detto, le norme con cui l’Italia (assieme ad altri 23 paesi, tra i quali Germania, Francia, Olanda, Regno Unito, Spagna e Svezia) ha attuato la direttiva di riferimento non recepiscono pienamente lo spirito delle norme comunitarie. Ora gli Stati membri hanno due mesi di tempo per intervenire e apportare alla loro legislazione le modifiche necessarie, pena il deferimento alla Corte di giustizia europea.