Più che il proverbiale cerino acceso, è un vero e proprio candelotto di dinamite, dalla miccia già fumante, quello che Federfarma e Fofi si sono ritrovate in mano al rientro dalle vacanze. Un candelotto che concretizza gli incubi di una buona fetta di farmacisti titolari, quelli che alla nascita della maggioranza di governo giallo-verde avevano cominciato a profetizzare che la liberalizzazione della fascia C sarebbe tornata presto sul tavolo della politica. E così è, anche se il mittente del candelotto recapitato a sindacato e ordine non è solo il Movimento 5 Stelle, come da più parti ci si aspettava, ma anche una parte della Lega. Sono suoi i parlamentari che per tutta l’estate hanno tempestato Federfarma e Fofi di messaggi inequivocabili: il partito avverte un debito nei confronti delle parafarmacie, che appartengono al suo elettorato; i farmacisti titolari, dunque, presentino al Governo una proposta di riordino del servizio farmaceutico che dia un futuro agli esercizi di vicinato, altrimenti sarà la maggioranza a farlo e per le farmacie ci sarà poco da gioire.
Ed eccolo dunque il candelotto dalla miccia già accesa, che Federfarma e Fofi stanno ora cercando di disinnescare. Rientrerebbe in questi tentativi l’incontro che Fofi ha organizzato per il 17 settembre con le sigle delle parafarmacie: nelle intenzioni, dovrebbe essere l’avvio di una concertazione diretta a trovare l’intesa su un piano condivisa da inoltrare a Governo e maggioranza, perché la tramutino in disegno di legge. Intanto, ai piani alti di Federfarma è già in corso un serrato confronto sul mazzo delle proposte percorribili. Secondo le voci che trapelano dalla Federazione, per ora è soltanto una discussione a voce alta su ipotesi e soluzioni: l’intervento da prevenire – quello che, ad ascoltare alcune indiscrezioni, sarebbe già sul tavolo del ministero dello Sviluppo economico – è lo sdoganamento della farmacia non convenzionata assieme alla liberalizzazione dei farmaci con ricetta non rimborsati dal Ssn (A e C).
Le controproposte su cui si ragiona in Federfarma, di conseguenza, oscillerebbero tra due opzioni: cedere sulla fascia C per ottenere in contropartita lo stop alla farmacia non convenzionata, oppure rinunciare alla Pianta organica (mantenendo il solo criterio della distanza) e concedere la libera apertura, in modo da conservare la fascia C in farmacia. Poi ci sono le proposte più “fantasiose”, come quella che ipotizza una sorta di autotassazione a carico di tutte le farmacie per costituire un fondo che finanzi i titolari di parafarmacia disposti a chiudere per sempre i loro esercizi, ma è difficile che possano essere prese seriamente in considerazione.
Al momento in Federfarma si ragiona e si soppesano i pro e i contro, ma è chiaro a tutti che il momento è uno dei più delicati che la farmacia abbia vissuto nel passato più recente. Anche perché nell’equazione da risolvere non ci sono soltanto le parafarmacie: c’è anche da considerare la variabile rappresentata dal capitale, che dall’anno scorso è uno degli attori del comparto. E vanno considerati i contraccolpi sul valore commerciale delle farmacie, che un’eventuale liberalizzazione della fascia C (o il superamento della Pianta organica) potrebbe abbassare drasticamente.
Sul tavolo di Federfarma, infine, ci sarebbe anche l’ipotesi di legare eventuali concessioni alle parafarmacie all’ottenimento di contropartite dello stesso peso nella convenzione con il Ssn che si sta trattando davanti alla Sisac, ma appare chiaro a tutti che giocare una partita su più tavoli espone a rischi.