La pubblicità che inganna i pazienti perché promuove cure mediche non idonee o non necessarie può ledere la tutela della salute e compromettere la dignità degli operatori sanitari, che sono due obiettivi di interesse pubblico. Di conseguenza, norme nazionali che in tema di servizi sanitari vietano la «pubblicità propagandistica, irrealistica e suggestiva» non si qualificano per la Commissione europea come un «divieto generale e assoluto» alla comunicazione. È quanto scrive il commissario europeo al mercato interno, Thierry Breton, in replica a un’interrogazione presentata dalla parlamentare ceca Katerina Konecna.
Nella sua risposta, Breton ricorda la sentenza della Corte di giustizia C-339/15 (Vanderborght), dove si afferma che i divieti nazionali alla pubblicità dei servizi sanitari restringono la libera prestazione di tali servizi e sono quindi consentiti soltanto se perseguono un obiettivo di interesse pubblico, sono idonei a garantire il raggiungimento di tale obiettivo e non vanno al di là di quanto necessario per raggiungerlo.
Alla luce di tale principio, continua Breton, per la Commissione europea una normativa nazionale che, in materia di cure e prestazioni, vieta la pubblicità «propagandistica, irrealistica e suggestiva» ma consente comunque la comunicazione informativa, non rappresenta «un divieto generale e assoluto» verso qualsiasi tipo di pubblicità sanitaria, a patto che non imponga agli operatori che praticano tale attività un limite alla possibilità di farsi conoscere dalla propria potenziale clientela.
Il fatto poi che norme nazionali dirette a disciplinare la pubblicità dei servizi sanitari non abbiano comportato un aumento dei procedimenti disciplinari in materia né abbiano interrotto l’attività commerciale degli operatori sanitari, conclude Breton, «può suggerire che tali norme siano sufficienti a garantire il raggiungimento dell’obiettivo e non vadano oltre quanto necessario per il suo raggiungimento».
Per l’Ordine dei medici di Milano, la risposta di Breton all’interrogazione della parlamentare europea conferma indirettamente la legittimità del comma 525 della legge 145/2018 (la Manovra per il 2019), che vieta qualsiasi contenuto «di carattere promozionale o suggestivo» nella comunicazione al pubblico delle strutture sanitarie private di cura e degli iscritti agli Ordini. «Periodicamente» osserva il presidente dell’Ordine dei medici di Milano, Roberto Carlo Rossi «assistiamo a tentativi di smontare il comma 525. In realtà quanto prescritto dalla normativa, che abbiamo fortemente contribuito a proporre, non lede il diritto alla concorrenza e men che meno vieta la pubblicità sanitaria, ma pone soltanto dei limiti ben precisi alla pubblicità propagandistica, irrealistica e suggestiva».