Merita il vaglio della Corte costituzionale la legittimità delle disposizioni di cui all’articolo 1, commi 418 e 419, della legge 178/2020, che «riservano alle sole farmacie – e non anche alle parafarmacie – l’erogazione dei test sierologici e antigenici per la rilevazione di Sars-CoV-2». E’ quanto recita l’ordinanza con cui il Tar Marche ha rinviato il giudizio di merito sul ricorso di tre sigle delle parafarmacie (Mnlf, Unaftisp e Fnpi) contro la delibera di giunta che, nel maggio scorso, aveva annullato le disposizioni impartite dalla Regione un mese prima per autorizzare gli esercizi di vicinato a effettuare sierologici e antigenici.
Il pomo della discordia, come si ricorderà, è rappresentato dalla dgr 465 del 19 aprile 2021, con cui la Regione ratificava lo «schema di accordo» stipulato con le sigle delle parafarmacie. Pochi giorni dopo, su quel provvedimento piomba una diffida formale di Federfarma Marche, che chiede l’annullamento della delibera per illegittimità: la legge 178/2020 riserva tamponi e test «alle sole farmacie», ricorda il sindacato, inoltre una sentenza della Corte Costituzionale risalente al 2017 ha escluso che le Regioni possano autorizzare le parafarmacie a eseguire «prestazioni analitiche di prima istanza» come i test rapidi contro covid.
Su parere dell’avvocatura regionale, la giunta emana a maggio una nuova delibera, la 663/2021, che annulla la precedente ma è subito impugnata dalle parafarmacie. In primo grado la richiesta di sospensiva viene respinta, a settembre però il Consiglio di Stato riforma la decisione e l’accoglie, ma solo per «la sollecita fissazione dell’udienza di merito dinanzi al Tar». Questa si svolge il 15 dicembre e l’esito è l’ordinanza, pubblicata l’11 gennaio, che chiama in causa la Corte Costituzionale.
Secondo il Tribunale amministrativo, in sintesi, dalla 178/2020 traspare in modo evidente che l’intenzione del legislatore era quella di riservare alle sole farmacie la possibilità di erogare i test rapidi: se la mancanza della parola “parafarmacie” fosse stata originata da un refuso, osservano i giudici, il comma «sarebbe stato prontamente emendato da uno dei tanti decreti correttivi che ormai seguono a stretto giro la legge di bilancio annuale».
Considerato però che nel loro ricorso le parafarmacie chiedono alla Regione il risarcimento dei danni generati dall’annullamento dell’accordo, il Tar osserva che resta un nodo da sciogliere. E cioè se la Regione fosse nel giusto ad annullare la prima delibera perché illegittima, come sostenuto da Federfarma Marche. Un dilemma che, appunto, rimanda alla legittimità costituzionale dei due commi della legge di bilancio per il 2021 sui test rapidi nelle (sole) farmacie del territorio.
Al riguardo, il Tar Marche non manca di sottoporre a vaglio critico la sentenza della Corte costituzionale del 2017 chiamata in causa da Federfarma: «Non si può negare» osservano i giudici «che un farmacista abilitato è idoneo a eseguire tutte le prestazioni connesse all’arte farmaceutica a prescindere dal luogo in cui si trova a operare (farmacia, parafarmacia, laboratorio di una casa farmaceutica) e a prescindere dal formale inquadramento del suo rapporto di lavoro (titolare, collaboratore eccetera)». Si potrebbe obiettare, come ha fatto appunto la Consulta nella sentenza del 2017, «che la struttura più “istituzionale” delle farmacie fornisca maggiori garanzie in relazione all’erogazione di quelle che sono qualificabili come vere e proprie prestazioni sanitarie», questo però «presuppone che vi sia una differenza oggettiva fra la prestazione erogata nella farmacia e quella erogata nella parafarmacia, altrimenti si sarebbe di fronte a una ingiustificata compressione della libertà di iniziativa economica». Ebbene, nel caso in esame «tale differenza tra le prestazioni non c’è: è sufficiente esaminare l’accordo sui test rapidi stipulato dalla Regione con le farmacie (dgr 145/2021) e quello con le parafarmacie (dgr 465/2021) per avvedersi del fatto che, in entrambi i casi, il tampone viene eseguito “in auto-somministrazione da parte dell’assistito sotto la sorveglianza del farmacista». Nemmeno è comprovato, prosegue il Tar, « che le farmacie garantirebbero maggiore privacy, perché esistono numerose farmacie, soprattutto rurali o “storiche”, che non dispongono di spazi adeguati e per questo sono autorizzate dalla 178/2021 ad avvalersi anche di spazi esterni».
Se così è, concludono i giudici, «ne discende che l’esclusione della parafarmacie dal novero delle strutture abilitate a effettuare tamponi non trova alcuna plausibile giustificazione». Si profila allora la possibile violazione degli articoli 3 e 41 della Costituzione sulla libertà d’iniziativa economica, un’ipotesi che – come detto in apertura – il Tar Marche ha rimesso alla valutazione della Consulta sospendendo nell’attesa il giudizio di merito.