Alla luce delle esperienze maturate in alcune regioni, «si raccomanda di promuovere, a livello nazionale, lo sviluppo di forme di piena autonomia del personale non medico nella gestione delle sedute vaccinali», fermo restando che per ciascuna di queste «deve essere formalmente identificato un medico referente». E’ quanto scrive il Nitag (National immunization technical advisory group, il comitato consultivo del ministero della Salute sulle politiche vaccinali) nel documento che elenca le raccomandazioni degli esperti per il Piano nazionale vaccini 2020-2022.
Per i farmacisti titolari che rivendicano la vaccinazione in farmacia è un mezzo punto a favore, perché il comitato ritiene opportuno «cercare il pieno coinvolgimento delle tante figure interessate alla cura dei soggetti a rischio che possono maggiormente beneficiare delle vaccinazioni», da coinvolgere «attraverso modalità organizzative capaci di dare concretezza alla promozione e alla esecuzione della vaccinazione dei pazienti a rischio». In particolare, il documento riconosce che «anche altre professioni sanitarie non mediche (per esempio l’infermiere, l’ostetrica, la vigilatrice d’infanzia eccetera), se formate con esperienza sul campo, possiedono la competenza necessaria per eseguire le vaccinazioni nel rispetto di idonee procedure operative».
E’ una breccia che andrà scavata, perché nel passaggio il Nitag non prende in considerazione i farmacisti e la domanda è se si tratti solo di un caso oppure no. Della professione comunque il comitato si ricorda, perché la chiama in causa nel paragrafo dedicato alla formazione delle figure sanitarie coinvolte nell’offerta dei vaccini.
Nel documento, anticipato ieri da Quotidiano Sanità, abbondano le raccomandazioni che i farmacisti titolari possono trasformare in argomentazioni a sostegno della vaccinazione in farmacia. Fin dalle prime battute, per esempio, il Nitag avverte che «molti obiettivi di prevenzione vaccinale sono ancora lontani dal loro raggiungimento e troppe differenze di copertura ancora permangono tra i nostri territori. Inoltre, i Piani regionali di prevenzione vaccinale differiscono tra loro creando diseguaglianze tra i cittadini italiani di diverse regioni».
Per tale motivo, il comitato «non ritiene al momento opportuno, per il prossimo triennio, raccomandare ulteriori ampliamenti d’offerta vaccinale»; piuttosto, si dovrebbe lavorare per «ottimizzare l’organizzazione delle sedute vaccinali, uniformare l’offerta» e aggiornare il calendario vigente. In particolare, prosegue il Nitag, il nuovo Piano nazionale dovrebbe sostenere la lotta alle malattie infettive; assicurare il governo, l’efficacia e la sicurezza dei programmi vaccinali; mantenere e migliorare la fiducia nelle vaccinazioni e aumentare l’adesione alle campagne; ridurre le differenze regionali.
Per raggiungere tali obiettivi, il gruppo di esperti raccomanda una serie di azioni tra le quali spicca innanzitutto la comunicazione, altra attività dove le farmacie potrebbero ritagliarsi ulteriori spazi. Al riguardo, il Nitag raccomanda piani finalizzati non soltanto al semplice passaggio di informazioni, ma anche a «costruire e mantenere la fiducia della popolazione nelle istituzioni sanitarie». Occorre dunque, conclude il Nitag, una programmazione delle singole campagne che individui gli obiettivi per i diversi target (operatori sanitari, media, pubblico) e «preveda strumenti di valutazione dell’efficacia delle azioni intraprese».