Sono quasi raddoppiati in un quadriennio, da 20 a 36, i Paesi che in tutto il mondo autorizzano la vaccinazione in farmacia contro gli agenti patogeni più diffusi. In altri termini, quasi 1,8 miliardi di persone hanno oggi la possibilità di rivolgersi alla loro farmacia di fiducia per proteggersi contro le principali malattie infettive. L’analisi arriva dalla Fip, la Federazione farmaceutica internazionale, che nelle settimane scorse ha diffuso l’edizione aggiornata della ricerca lanciata nel 2016 per misurare il contributo delle farmacie territoriali alle politiche vaccinali pubbliche. Il report si basa su un censimento condotto tra dicembre e marzo 2020, al quale hanno risposto 106 organizzazioni rappresentative della professione di 99 Paesi.
Rispetto alla ricerca precedente, dicono i dati, aumentano da 13 a 26 gli Stati dove la vaccinazione in farmacia è delegata al farmacista stesso, crescono invece da 7 a 10 quello dove la somministrazione avviene in farmacia ma è affidata a un altro professionista della sanità (di solito medico e/o infermiere). Messe assieme le due casistiche, tra il 2016 e il 2020 hanno scelto di puntare sulla vaccinazione in farmacia Francia, Norvegia, Svezia, Grecia ed Estonia. A questi, poi, si aggiungeranno entro un lustro al massimo Germania (dove sono già in corso le prime sperimentazioni), Austria, Turchia, Lettonia, Lituania, Romania e Ucraina, più altri nove Paesi extraeuropei.
Nel complesso, riferisce il report, le indicazioni fornite dalle rappresentanze dei singoli Paesi dicono che nel 70% dei casi i farmacisti recitano un ruolo di primo piano nell’educare la popolazione alla profilassi vaccinale. Restano tuttavia una cinquantina gli Stati che negano alla farmacia del territorio la possibilità di vaccinare ed escludono a breve termine un’eventuale apertura.
In totale, dice ancora la ricerca, sono 36 i tipi di vaccino che le farmacie sono autorizzate a somministrare nei diversi Paesi. I più comuni sono quelli per l’influenza (94% delle risposte), l’epatite B (61%) e il tetano (58%). Il 74% delle organizzazioni professionali che risiedono nei Paesi dove la vaccinazione in farmacia è consentita, inoltre, riferisce che la legislazione in vigore non consente comunque al farmacista di prescrivere i vaccini, un limite – è la valutazione della Fip – che «riduce le potenzialità» legate al coinvolgimento della professione nella professione.
Stesso disappunto in tema di gestione dei dati: il 67% delle risposte riferisce che il farmacista non ha la possibilità di accedere a schede o cartelle del paziente che tengono traccia delle vaccinazioni effettuate, un’altra barriera che non consente ai professionisti della farmacia di esprimere tutto il proprio potenziale.
Interessanti anche le evidenze di carattere economico che emergono dalla ricerca: nella maggior parte dei Paesi la vaccinazione in farmacia è un servizio a carico degli assistiti, soltanto in dieci casi a pagare è il servizio sanitario pubblico e in sei il costo è coperto direttamente dalle farmacie. Secondo una percentuale prevalente di risposte, infine, l’indisponibilità di risorse economiche adeguate rappresenta uno degli ostacoli principali alla vaccinazione in farmacia, assieme alle resistenze delle altre professioni sanitarie e dei governi locali.